Venerdì 4 luglio 2014, alle Molinette di Torino, è calato il sipario sul tempo mortale di Giorgio Faletti, poliedrico artista piemontese. Singolare cabarettista, fu celebre ed apprezzato fin dai suoi memorabili esordi in “Drive in” per l’originale e acuta interpretazione di personaggi dal volto periferico e popolare, i famosissimi Vito Catozzo e Carlino. Indimenticabile la geniale allegoria della vita a Passerano Marmorito, un borgo che molti credevano ipotetico e che invece esiste nella realtà dei due paesi confinanti, appollaiati su una collina dell’astigiano.
Artista a tutto tondo e uomo di cultura: comico, sceneggiatore, pittore e paroliere, ha saputo esprimersi con successo anche in campo musicale, altro suo spiccato talento culminato nel riconoscimento della critica a Sanremo ‘94 con il coraggioso brano “Signor Tenente” ispirato al sacrificio di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e degli uomini delle loro scorte. Attore e doppiatore, tra tante altre ispirazioni, si è dimostrato come ultima rivelazione un maestro nella letteratura thriller. Nel 2002, quasi sorprendendo anche il pubblico più affezionato, si è guadagnato la stima e il rispetto nel mondo della produzione letteraria pubblicando “Io uccido”, appassionante e sanguinario giallo che ha dato vita a una nuova e ulteriore carriera creativa. Scrittore dalle trame intriganti e contorte, ma dalla penna descrittiva, comprensibile e scorrevole, ha continuato ad esprimersi nell’artistico mestiere dello scrivere, sfortunatamente bloccato da un male che non concede alcun favoritismo al talento e all’arte.
Faletti, presagendo il triste appuntamento, ha disdetto l’ultimo spettacolo con un dolce messaggio di commiato rivolto al suo pubblico. Non è mai un bel finale quando il sipario cala troppo presto. Giorgio aveva 63 anni e sicuramente ancora molto da consegnare al mondo dello spettacolo e dell’arte. Prodotti del suo talento tipicamente piemontese, elegante, poco appariscente, divertente, ma quasi sottovoce, eppure acuto, ironico e profondo.
Come uomo di spettacolo, commediografo e scrittore seppur di minor spessore, credo di poter immaginare il dispiacere tipico degli artisti: lasciare l’ultimo soggetto incompiuto nel cassetto della creatività e privare chi ti segue con affetto e con attenzione di una ulteriore, nuova opera dell’ingegno e dell’estro. È una opinione del tutto personale, ma questa è la testa dell’artista. Ovunque sia andato, non avrà faticato a trovare nuovi spunti sui quali ricamare. Questo è il mio augurio romantico, ma, a pensarci bene, sono tante e controverse le figure a noi narrate che popolano il misterioso mondo dell’aldilà. Un omaggio e un inchino sono di dovere.
Carlo Mariano Sartoris