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Chernobyl, 30 anni dopo.

Eccolo lì, il mostro: sono trascorsi trent’anni, e fa ancora paura. Il dosimetro che misura la radioattività, ora che ci siamo avvicinati al cuore devastato della centrale nucleare di Chernobyl trilla come un forsennato. I reduci, i vigili del fuoco e i “liquidatori” che costruirono il sarcofago di bario intorno al reattore numero 4 in fusione, gli si allineano davanti a un centinaio di metri, foto ricordo e occhi lucidi per gli amici che non ci sono più. Il mostro, dietro di loro, pullula di vita: decine di operai lo accudiscono, lo rattoppano, lo mantengono. È malconcio, perfuso e percolato, divorato dal suo ventre incandescente che lotta ancora per liberarsi.

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