Era il 18 aprile di cinque anni fa, quando ad Alba arrivava come un fulmine a ciel sereno la notizia che Pietro Ferrero era morto in Sudafrica. Le prime informazioni si diffusero lacunose, lasciando spazio all’incredulità. Poi lo scenario si delineò in tutta la sua tragedia: l’imprenditore aveva perso la vita per un malore a soli 47 anni, mentre era in sella alla sua amata bicicletta durante un semplice allenamento di pochi chilometri, seguito in auto dal padre Michele e da un gruppo di dirigenti che erano con lui, a poca distanza da Città del Capo. Un racconto drammatico, che mentre si conquistava un’eco non solo nazionale, gettava nello sconforto un’intera città, al fianco della «grande famiglia» Ferrero. In quei giorni, i dipendenti e tutti gli albesi parteciparono al lutto della moglie Luisa con i tre giovani figli, dei genitori Michele e Maria Franca e del fratello Giovanni con commozione e compostezza, fino al funerale pubblico celebrato il 27 aprile 2011, con le vie e le piazze ferme a seguire il rito e avvolte in un’atmosfera quasi irreale.