Per scoprire dove si trova la salma, di giorni ne sono passati più di dieci da quel maledetto 22 marzo in cui papà Giorgio, 62 anni, fresco di pensione, si aggrava e dall’ospedale di Ponte San Pietro, dove è stato ricoverato in provincia di Bergamo, arriva l’ultima telefonata: la situazione è precipitata, papà Giorgio non ce l’ha fatta. Da quel momento, anche per la famiglia di Bonate Sopra, comune di 10mila abitanti nella Bergamasca trafitta dal coronavirus, comincia un’odissea che si aggiunge al calvario della malattia, dell’ospedalizzazione e della fine del papà.
I morti sono troppi a Bergamo e provincia dove, secondo l’Istat, a marzo si è registrato un +400% di decessi rispetto al 2015-2019 e le vittime non sarebbero le 2060 registrate dai dati ufficiali, ma oltre 4500 nel solo mese di marzo, secondo una stima dell’Eco di Bergamo e della società In.Twig, che hanno indagato oltre i numeri certificati. I crematori non ce la fanno. E allora cominciano le telefonate.
L’agenzia funebre, poi il comune. Si arriva solo a previsioni. «All’inizio ci dicono che mio padre sarà probabilmente portato a Novara, poi si scopre che la destinazione potrebbe essere Bologna racconta Francesca -. Infine ci parlano di Ferrara. Solo dopo una decina di giorni abbiamo scoperto che la salma era a Gemona», ex provincia di Udine. Il corpo è stato trasferito con i camion dell’esercito che hanno commosso il mondo, in quel Friuli che ha deciso di ricambiare gli aiuti arrivati qui dalla Bergamasca, dopo il terremoto, accogliendo con calore 50 salme, trenta a Cervignano, per la cremazione.