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Il funerale di mons. Li Side, un “affare di Stato” nelle mani di polizia, personale di sicurezza, controlli.

Tianjin. Controlli alla camera mortuaria (funeral parlour), controlli al cimitero davanti alla tomba, controlli sulle visite, controlli sugli orari delle preghiere, controlli sulle chiese….
I funerali di mons. Stefano Li Side, vescovo ordinario di Tianjin, morto lo scorso 8 giugno, hanno impegnato le forze dell’ordine locali nel tentativo di soffocare la stima di cui il vescovo godeva: proibita una messa di funerale; proibiti i titoli vescovili; proibita la presenza di fedeli sotterranei, di suore non registrate… Tutto ciò per far trionfare il fatto che egli era un vescovo non riconosciuto dal governo e perciò non aveva diritto a un funerale solenne.
Un fedele della diocesi ha inviato ad AsiaNews il suo resoconto, da cui si deduce che: a) la Chiesa in Cina è davvero incatenata; b) che le autorità hanno paura dei vescovi anche da morti. E hanno inscenato controlli (inutili) per un affare di Stato, mentre era solo l’estremo saluto di un popolo al suo pastore.
In questi giorni, tante persone si sono interessate alla vicenda del vescovo Li Side, appartenente alla mia diocesi di Tianjin. Voglio dare alcune informazioni dall’inizio della sua malattia, fino ad oggi. Le notizie che vi do le ho apprese da sacerdoti con i quali ho parlato.
A metà maggio a causa di una trombosi cerebrale, mons. Li Side è portato all’ospedale; in seguito ha avuto anche difficoltà nel respirare.
L’8 giugno scorso verso le ore 10 è sul punto di morte e ci lascia alle 11.24. Già una settimana prima della sua morte, il Fronte unito, le forze di sicurezza e la polizia hanno preso il controllo della parrocchia in cui risiede il vescovo Melchiorre Shi Hongzhen, nessuno poteva accedervi o uscire liberamente. Solo dopo che le ceneri del vescovo Li sono state sepolte, verso le 11 di ieri, 10 giugno, i funzionari del governo si sono ritirati a poco a poco.
Durante la sua permanenza all’ospedale, i sacerdoti hanno discusso su come procedere con il funerale stabilendo anche un piano, ma non hanno fatto in tempo a discuterne con l’Ufficio locale degli affari religiosi che il vescovo Li è tornato dal Padre.
Quando abbiamo ricevuto la notizia l’8 giugno scorso, siamo subito andati a Ji Zhou, dove risiedeva il vescovo Li, ma ci è stato detto che per motivi di sicurezza non è possibile allestire la sala funeraria nella parrocchia di Liang Zhuang, dove mons. Li ha servito per anni. Il governo ha portato la sua salma al funeral parlour di Ji Zhou, dove è stato deposto in un’urna di vetro. Dopo aver saputo ciò, tutti i sacerdoti, esclusi quelli sotto controllo [i sacerdoti sotterranei – ndr], si sono recati al funeral parlour. Assieme a loro sono arrivati anche il Fronte Unito, l’Ufficio per la sicurezza interna e la polizia. Alcuni rappresentanti, a nome di tutti i sacerdoti, hanno cercato di discutere con questi uffici su come gestire il funerale di mons. Li, esprimendo alcune richieste quali: per quanti giorni può rimanere la salma; chi celebra il funerale; se la salma deve essere sepolta o cremata; dove viene seppellita; ecc., ma le uniche risposte ottenute sono: “Dobbiamo chiedere ai superiori” o “Dobbiamo aspettare le direttive dall’alto”.
Poi, i rappresentanti locali del Fronte Unito, ci hanno comunicato di seguire l’Associazione Patriottica e il Comitato per amministrazione educativa cattolica di Tianjin. Così, tutti i fedeli e i sacerdoti siamo stati messi da parte, e tutte le volte che abbiamo espresso qualche proposta, ci hanno risposto sempre: “Ascoltate Lianghui [lett.: le due organizzazioni]”.
Dopo che la salma di mons. Li è stata deposta nel funeral parlour, i suoi familiari e i fedeli sono venuti da tutte le parrocchie della diocesi per il cordoglio, ma all’inizio le persone potevano nemmeno avvicinarsi. Poi, forse a causa del numero sempre maggiore delle persone, la salma è stata deposta nella bara elettrica [refrigerata] ad alta tensione (380V), il personale del funeral parlour ha dovuto chiudere la sala mortuaria per motivi di sicurezza.

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