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Morto Nicanor Parra, il ribelle dell’antipoesia.

Il mio poeta preferito, amava dire Roberto Bolano, è Nicanor Parra: “lui non parla di crepuscoli, né di dame stagliate sull’orizzonte, bensì di cibi e di bare, bare e bare…”. Anche Allen Ginsberg, quando nel 1954 era uscito il “Poemas e antipoemas”, si era invaghito dei versi di Parra. E in seguito Patti Smith ha usato alcune sue poesie per farne delle canzoni. Sono piccoli accenni del modo in cui i versi di questo poeta cileno avevano viaggiato per il mondo. Era nato nel 1914 a Sandoval e il suo stare al mondo come uomo espressivo si è rivelato articolato e originale. La sua era una famiglia numerosa; tra i tanti fratelli e sorelle, figurava anche quella Violeta Parra che ha dato voce ad alcune delle più belle e struggenti canzoni del suo paese. E lui mescolava la matematica e la fisica alla poesia. E deve essergli venuta proprio dalla fisica l’idea dell’antipoesia, come se si trattasse di un’antimateria sonante che riesce inglobare parti diverse e contrastanti di mondo. Cosa fosse l’antipoesia è difficile da dire e Parra stesso ci scherzò su costruendoci un vero e proprio Test. Cos’è un antipoeta? “Un commerciante di urne e bare?/ Un sacerdote che non crede in niente?/ Un generale insicuro?/ Un generale che ride di tutto?/ Anche della vecchiaia e della morte?”. E cos’è l’antipoesia? “Una tempesta in un bicchier d’acqua/ …Una bara a reazione?/ Una bara a forza centrifuga?/ Una bara a gas di paraffina?/ Una camera ardente senza defunto?”. Una sfilza di domande, una sull’altra, verso dopo verso, con in fondo questa conclusione: “Barri con una croce/ La definizione che considera corretta”.

fonte: www.ilmattino.it

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