È morta Doris Day, la «fidanzata» d’ America che stregò Hitchcock.

13 Maggio 2019 - 15:50--Lutto-

Doris Day, icona Usa del XX secolo , è scomparsa a 97 anni, per una polmonite. Fu la biondina americana a frangetta petulante, piena di bambini scatenati che le danno la manina ed eternamente col sacchetto della spesa in braccio, che passò 40 anni di carriera ad evitare che i suoi partner, da Rock Hudson a James Garner, da Cary Grant a Clark Gable, perfino loro, entrassero nel suo letto a far danni. Era definita la «vergine di professione».
Solo James Stewart, dottore in vacanza a Marrakesh, e David Niven, un arcigno critico teatrale, avevano i loro bravi diritti coniugali: Day, intoccabile di professione, perfino oltre il pudico codice Hays, aveva generato diaboliche battute: «Io la conoscevo prima che diventasse vergine» disse il pianista Oscar Levant.
Così, ad ogni approccio amoroso lo schermo si divideva in due, secondo lo split screen e Doris e i suoi pretendenti, sia fossero a letto sia in schiumose vasche da bagno, erano confinanti in due diverse inquadrature, come il telefono duplex nel «Letto racconta» di Gordon in cui Hudson si finge gay. Anche se all’anagrafe, per via dell’origine tedesca, faceva Doris Mary Ann von Kappelhoff e cambiò cognome solo dopo il successo della canzone «Day by day”, Doris fu la beniamina e la fidanzatina d’America anni 50, la anti Marilyn, la segretaria che si incontra all’ascensore degli uffici, quella che pur di non “farlo” si faceva venire l’eczema, come nel molto divertente nuovayorkese Il visone sulla pelle” di Mann.
A lei, alla sua improntitudine puritana, si deve una carriera improntata al family way of life, all’epoca dei “Mad men” della pubblicità, anche se in realtà la diva ebbe quattro mariti con due pessime esperienze manesche e truffaldine, per finire la carriera matrimoniale col produttore Marty Melcher, alla cui morte si ritirò dal cinema per darsi solo agli animali, e Barry Comden. Per quattro anni, nei primi anni 60, battendo le colleghe, fu al top del successo occupando, caso raro, due categorie: discografica e cinematografica.

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Doris Day, icona Usa del XX secolo , è scomparsa a 97 anni, per una polmonite. Fu la biondina americana a frangetta petulante, piena di bambini scatenati che le danno la manina ed eternamente col sacchetto della spesa in braccio, che passò 40 anni di carriera ad evitare che i suoi partner, da Rock Hudson a James Garner, da Cary Grant a Clark Gable, perfino loro, entrassero nel suo letto a far danni. Era definita la «vergine di professione».
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Così, ad ogni approccio amoroso lo schermo si divideva in due, secondo lo split screen e Doris e i suoi pretendenti, sia fossero a letto sia in schiumose vasche da bagno, erano confinanti in due diverse inquadrature, come il telefono duplex nel «Letto racconta» di Gordon in cui Hudson si finge gay. Anche se all’anagrafe, per via dell’origine tedesca, faceva Doris Mary Ann von Kappelhoff e cambiò cognome solo dopo il successo della canzone «Day by day”, Doris fu la beniamina e la fidanzatina d’America anni 50, la anti Marilyn, la segretaria che si incontra all’ascensore degli uffici, quella che pur di non “farlo” si faceva venire l’eczema, come nel molto divertente nuovayorkese Il visone sulla pelle” di Mann.
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