Il Telefono del Vento: dal Giappone all’Italia, parole che viaggiano tra cielo e memoria.

Un telefono scollegato, una cabina bianca, e parole sussurrate al vento per raggiungere chi non c’è più. È questa l’essenza profonda del Telefono del Vento (風の電話, kaze no denwa), un luogo di silenzio e connessione spirituale nato in Giappone e arrivato anche in Italia, dove ha trovato spazio nei cuori e nei paesaggi delle persone che lo visitano.
Cos’è il Telefono del Vento in Giappone
Il primo Telefono del Vento è nato nel 2010 a Ōtsuchi, piccola cittadina giapponese affacciata sull’Oceano Pacifico. L’ideatore è Itaru Sasaki, designer di giardini, che pose una vecchia cabina telefonica nel suo giardino dopo aver perso un cugino a causa di un cancro. L’idea era semplice ma potente: continuare a “parlare” con il caro scomparso, affidando i propri pensieri al vento.
L’anno successivo, il devastante terremoto e tsunami dell’11 marzo 2011, che causò oltre 15.000 vittime nella regione di Tōhoku (più di 1.200 solo a Ōtsuchi), spinse Sasaki ad aprire quella cabina al pubblico. Da allora, più di 30.000 persone hanno varcato la porta di quel piccolo rifugio di vetro e silenzio, per dialogare idealmente con chi hanno perso.
All’interno della cabina si trova un telefono nero, scollegato da qualsiasi linea, e un quaderno dove i visitatori possono lasciare pensieri, firme o messaggi. Nessuna funzione tecnologica, ma un profondo gesto simbolico di comunicazione interiore.
Le parole affidate al vento: un gesto universale
“Poiché i miei pensieri non potevano essere trasmessi su una normale linea telefonica, volli che fossero portati dal vento”, ha dichiarato Sasaki. Non si tratta di un monumento religioso, ma di un luogo di riflessione e conforto, capace di parlare a chiunque abbia vissuto il dolore della perdita.
Con il tempo, la cabina originale si deteriorò, ma grazie a una raccolta fondi fu ricostruita in alluminio nel 2018, mantenendo intatto lo spirito originario. La forza evocativa del kaze no denwa ha ispirato libri, come il romanzo Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina, e anche film e documentari.
Il Telefono del Vento in Italia: l’esempio di Capannoli
Anche in Italia, il bisogno di trovare un modo per “parlare con chi non c’è più” ha trovato forma concreta. A Capannoli, in provincia di Pisa, sorge una cabina bianca molto simile a quella di Ōtsuchi, ma con un tocco tutto toscano: ampie vetrate che si aprono sul panorama della Valdera.
Il Telefono del Vento delle Terre di Pisa è stato voluto da Marco Vanni, fotografo e promotore dell’iniziativa. “Ho scoperto questa idea nata in Giappone e ne sono rimasto affascinato”, ha raccontato a La Nazione. “Si possono affidare le proprie parole al vento, certi che qualcuno in qualche parte del mondo possa riceverle”.
La data dell’inaugurazione, il 21 dicembre 2023, non è casuale: è il solstizio d’inverno, il giorno in cui la luce ricomincia a vincere sulle tenebre. Inoltre, si entra nella cabina da est verso ovest, seguendo il sole che sorge, in un simbolico percorso di rinascita e speranza.
Un’esperienza che unisce cultura, emozione e memoria
Il Telefono del Vento non è solo un’opera d’arte o un memoriale: è un rito laico e universale, un modo per elaborare il lutto, trovare conforto e mantenere vivo il legame con chi abbiamo amato.
Dal Giappone all’Italia, sempre più comunità stanno abbracciando questa iniziativa, segno che la necessità di comunicare con chi non c’è più è un linguaggio comune a ogni essere umano.
Laura Persico Pezzino
Un telefono scollegato, una cabina bianca, e parole sussurrate al vento per raggiungere chi non c’è più. È questa l’essenza profonda del Telefono del Vento (風の電話, kaze no denwa), un luogo di silenzio e connessione spirituale nato in Giappone e arrivato anche in Italia, dove ha trovato spazio nei cuori e nei paesaggi delle persone che lo visitano.
Cos’è il Telefono del Vento in Giappone
Il primo Telefono del Vento è nato nel 2010 a Ōtsuchi, piccola cittadina giapponese affacciata sull’Oceano Pacifico. L’ideatore è Itaru Sasaki, designer di giardini, che pose una vecchia cabina telefonica nel suo giardino dopo aver perso un cugino a causa di un cancro. L’idea era semplice ma potente: continuare a “parlare” con il caro scomparso, affidando i propri pensieri al vento.
L’anno successivo, il devastante terremoto e tsunami dell’11 marzo 2011, che causò oltre 15.000 vittime nella regione di Tōhoku (più di 1.200 solo a Ōtsuchi), spinse Sasaki ad aprire quella cabina al pubblico. Da allora, più di 30.000 persone hanno varcato la porta di quel piccolo rifugio di vetro e silenzio, per dialogare idealmente con chi hanno perso.
All’interno della cabina si trova un telefono nero, scollegato da qualsiasi linea, e un quaderno dove i visitatori possono lasciare pensieri, firme o messaggi. Nessuna funzione tecnologica, ma un profondo gesto simbolico di comunicazione interiore.
Le parole affidate al vento: un gesto universale
“Poiché i miei pensieri non potevano essere trasmessi su una normale linea telefonica, volli che fossero portati dal vento”, ha dichiarato Sasaki. Non si tratta di un monumento religioso, ma di un luogo di riflessione e conforto, capace di parlare a chiunque abbia vissuto il dolore della perdita.
Con il tempo, la cabina originale si deteriorò, ma grazie a una raccolta fondi fu ricostruita in alluminio nel 2018, mantenendo intatto lo spirito originario. La forza evocativa del kaze no denwa ha ispirato libri, come il romanzo Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina, e anche film e documentari.
Il Telefono del Vento in Italia: l’esempio di Capannoli
Anche in Italia, il bisogno di trovare un modo per “parlare con chi non c’è più” ha trovato forma concreta. A Capannoli, in provincia di Pisa, sorge una cabina bianca molto simile a quella di Ōtsuchi, ma con un tocco tutto toscano: ampie vetrate che si aprono sul panorama della Valdera.
Il Telefono del Vento delle Terre di Pisa è stato voluto da Marco Vanni, fotografo e promotore dell’iniziativa. “Ho scoperto questa idea nata in Giappone e ne sono rimasto affascinato”, ha raccontato a La Nazione. “Si possono affidare le proprie parole al vento, certi che qualcuno in qualche parte del mondo possa riceverle”.
La data dell’inaugurazione, il 21 dicembre 2023, non è casuale: è il solstizio d’inverno, il giorno in cui la luce ricomincia a vincere sulle tenebre. Inoltre, si entra nella cabina da est verso ovest, seguendo il sole che sorge, in un simbolico percorso di rinascita e speranza.
Un’esperienza che unisce cultura, emozione e memoria
Il Telefono del Vento non è solo un’opera d’arte o un memoriale: è un rito laico e universale, un modo per elaborare il lutto, trovare conforto e mantenere vivo il legame con chi abbiamo amato.
Dal Giappone all’Italia, sempre più comunità stanno abbracciando questa iniziativa, segno che la necessità di comunicare con chi non c’è più è un linguaggio comune a ogni essere umano.
Laura Persico Pezzino