È morto all’età di 89 anni Mario Vargas Llosa, gigante della letteratura latinoamericana e premio Nobel per la Letteratura nel 2010

Mario Vargas Llosa, uno degli scrittori sudamericani più influenti del Novecento e del XXI secolo, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, si è spento all’età di 89 anni.
La notizia è stata annunciata dai figli, confermando la scomparsa di un intellettuale che ha segnato la storia della letteratura contemporanea.
Una voce potente del “boom latinoamericano”
Nato a Arequipa, in Perù, il 28 marzo 1936, Vargas Llosa è stato uno dei massimi esponenti del cosiddetto boom latinoamericano.
Questo movimento culturale, esploso tra gli anni Sessanta e Settanta, portò alla ribalta mondiale autori del calibro di Gabriel García Márquez, Julio Cortázar e Carlos Fuentes.
Vargas Llosa contribuì con romanzi incisivi, spesso realistici e crudi, capaci di raccontare le contraddizioni e le ferite profonde del suo Paese natale.
Dall’esordio al Nobel: una carriera straordinaria
Esordì nel 1959 con la raccolta I capi.
Il successo arrivò nel 1963 con La città e i cani, romanzo ambientato in un collegio militare di Lima, che gli valse il Premio della Critica Spagnola ma anche pesanti accuse da parte dell’esercito peruviano.
Da lì in poi, la sua penna non si fermò più.
Scrisse capolavori come Conversazione nella «Cattedral», La zia Julia e lo scribacchino, Chi ha ucciso Palomino Molero?, Il pesce nell’acqua e Il sogno del Celta, pubblicato proprio nel 2010, l’anno in cui ricevette il Nobel.
L’Accademia di Svezia motivò così il riconoscimento:
«Per la sua mappatura delle strutture del potere e per le immagini incisive con cui ha dipinto la resistenza, la rivolta e la sconfitta dell’uomo».
Mario Vargas Llosa: un intellettuale controverso e combattivo
Oltre che romanziere, Vargas Llosa fu giornalista, saggista e figura centrale nel dibattito politico latinoamericano.
In gioventù vicino alle idee della sinistra, sostenne la rivoluzione cubana di Fidel Castro.
Negli anni, però, si spostò su posizioni liberali e conservatrici, candidandosi anche alla presidenza del Perù nel 1990.
Perse le elezioni contro Alberto Fujimori, che avrebbe poi governato il Paese in modo autoritario fino al 2000.
Dopo la sconfitta, Vargas Llosa si trasferì in Spagna, ottenendo la cittadinanza nel 1993.
Da lì continuò a scrivere, commentare la politica, schierarsi – spesso in modo controverso – come quando sostenne Keiko Fujimori nel 2021 o Jair Bolsonaro nel 2022.
Mario Vargas Llosa: tra letteratura e vita vissuta
La sua vita personale e intellettuale fu intensa, appassionata e a volte burrascosa.
Celebre lo scontro con Gabriel García Márquez, suo amico fraterno per anni, interrotto bruscamente da un pugno sul volto e ricucito, forse, solo trent’anni dopo.
Oggi possiamo godere dei suoi romanzi, intrisi di forza narrativa e profondità politica.
Tra i suoi romanzi più amati, La zia Julia e lo scribacchino, in cui l’autore mescola autobiografia e fantasia con ironia e tenerezza.
Laura Persico Pezzino
Mario Vargas Llosa, uno degli scrittori sudamericani più influenti del Novecento e del XXI secolo, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, si è spento all’età di 89 anni.
La notizia è stata annunciata dai figli, confermando la scomparsa di un intellettuale che ha segnato la storia della letteratura contemporanea.
Una voce potente del “boom latinoamericano”
Nato a Arequipa, in Perù, il 28 marzo 1936, Vargas Llosa è stato uno dei massimi esponenti del cosiddetto boom latinoamericano.
Questo movimento culturale, esploso tra gli anni Sessanta e Settanta, portò alla ribalta mondiale autori del calibro di Gabriel García Márquez, Julio Cortázar e Carlos Fuentes.
Vargas Llosa contribuì con romanzi incisivi, spesso realistici e crudi, capaci di raccontare le contraddizioni e le ferite profonde del suo Paese natale.
Dall’esordio al Nobel: una carriera straordinaria
Esordì nel 1959 con la raccolta I capi.
Il successo arrivò nel 1963 con La città e i cani, romanzo ambientato in un collegio militare di Lima, che gli valse il Premio della Critica Spagnola ma anche pesanti accuse da parte dell’esercito peruviano.
Da lì in poi, la sua penna non si fermò più.
Scrisse capolavori come Conversazione nella «Cattedral», La zia Julia e lo scribacchino, Chi ha ucciso Palomino Molero?, Il pesce nell’acqua e Il sogno del Celta, pubblicato proprio nel 2010, l’anno in cui ricevette il Nobel.
L’Accademia di Svezia motivò così il riconoscimento:
«Per la sua mappatura delle strutture del potere e per le immagini incisive con cui ha dipinto la resistenza, la rivolta e la sconfitta dell’uomo».
Mario Vargas Llosa: un intellettuale controverso e combattivo
Oltre che romanziere, Vargas Llosa fu giornalista, saggista e figura centrale nel dibattito politico latinoamericano.
In gioventù vicino alle idee della sinistra, sostenne la rivoluzione cubana di Fidel Castro.
Negli anni, però, si spostò su posizioni liberali e conservatrici, candidandosi anche alla presidenza del Perù nel 1990.
Perse le elezioni contro Alberto Fujimori, che avrebbe poi governato il Paese in modo autoritario fino al 2000.
Dopo la sconfitta, Vargas Llosa si trasferì in Spagna, ottenendo la cittadinanza nel 1993.
Da lì continuò a scrivere, commentare la politica, schierarsi – spesso in modo controverso – come quando sostenne Keiko Fujimori nel 2021 o Jair Bolsonaro nel 2022.
Mario Vargas Llosa: tra letteratura e vita vissuta
La sua vita personale e intellettuale fu intensa, appassionata e a volte burrascosa.
Celebre lo scontro con Gabriel García Márquez, suo amico fraterno per anni, interrotto bruscamente da un pugno sul volto e ricucito, forse, solo trent’anni dopo.
Oggi possiamo godere dei suoi romanzi, intrisi di forza narrativa e profondità politica.
Tra i suoi romanzi più amati, La zia Julia e lo scribacchino, in cui l’autore mescola autobiografia e fantasia con ironia e tenerezza.
Laura Persico Pezzino