Bologna. Racket delle pompe funebri: in 74 verso il processo.

17 Aprile 2019 - 06:01--Cronaca-

Si chiude con 74 avvisi di fine indagine la maxi-inchiesta “Mondo Sepolto”, che tre mesi fa ha scoperchiato lo scandalo dei due cartelli che, grazie alle mazzette, controllavano le camere mortuarie del Maggiore e del Sant’Orsola. Il pm Augusto Borghini ha infatti inviato gli avvisi, atti che solitamente precedono la richiesta di rinvio a giudizio, a 74 fra persone fisiche e aziende. Nella lunga lista dei reati contestati ci sono, a diverso titolo, la corruzione, l’associazione a delinquere, il riciclaggio, la violazione del segreto istruttorio e alcune violazioni fiscali.
L’inchiesta venne a galla il 17 gennaio, quando scattò il clamoroso blitz dei carabinieri che eseguirono 30 misure cautelari: nove in carcere, 18 ai domiciliari e 3 divieti di esercizio d’impresa. Secondo gli inquirenti, a spartirsi il mercato dei funerali erano due organizzazioni: il consorzio “Rip Service”, guidato da Giancarlo Armaroli, amministratore della “Armaroli Tarozzi”, che aveva il monopolio del Maggiore, e il “Cif”, presieduto da Massimo Benetti, che gestiva il Sant’Orsola. Secondo la Procura, le pompe funebri che facevano parte dei due consorzi erano d’accordo con alcuni operatori delle sale mortuarie degli ospedali che indicavano i parenti dei defunti agli impiegati delle agenzie. In cambio delle soffiate, gli operatori ricevevano dai 150 ai 300 euro. A Benetti, e ad altri indagati, è contestato anche il riciclaggio del denaro che entrava in nero nelle società del consorzio e poi veniva registrato in una contabilità parallela.
Tra gli inquisiti, infine, c’è anche un impiegato dell’ufficio anagrafe del Comune di Bologna, accusato insieme al titolare e a un dipendente dell’impresa di onoranze funebri Lelli di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio. Per l’accusa, l’impiegato comunale avrebbe rivelato agli altri due indagati notizie segrete in merito alla richiesta inoltrata al suo ufficio dai carabinieri per acquisire informazioni sui nominativi dei titolari e dipendenti delle imprese di pompe funebri bolognesi.

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17 Aprile 2019 - 06:01--Cronaca-

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L’inchiesta venne a galla il 17 gennaio, quando scattò il clamoroso blitz dei carabinieri che eseguirono 30 misure cautelari: nove in carcere, 18 ai domiciliari e 3 divieti di esercizio d’impresa. Secondo gli inquirenti, a spartirsi il mercato dei funerali erano due organizzazioni: il consorzio “Rip Service”, guidato da Giancarlo Armaroli, amministratore della “Armaroli Tarozzi”, che aveva il monopolio del Maggiore, e il “Cif”, presieduto da Massimo Benetti, che gestiva il Sant’Orsola. Secondo la Procura, le pompe funebri che facevano parte dei due consorzi erano d’accordo con alcuni operatori delle sale mortuarie degli ospedali che indicavano i parenti dei defunti agli impiegati delle agenzie. In cambio delle soffiate, gli operatori ricevevano dai 150 ai 300 euro. A Benetti, e ad altri indagati, è contestato anche il riciclaggio del denaro che entrava in nero nelle società del consorzio e poi veniva registrato in una contabilità parallela.
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