3 febbraio 2016. Viene ritrovato in Egitto il corpo di Giulio Regeni.
3 febbraio 2016. Viene ritrovato in Egitto il corpo di Giulio Regeni.
Giulio Regeni era nato a Trieste il 15 gennaio 1988 e ha trascorso l’infanzia a Fiumicello, in provincia di Udine. Fin da giovane dimostrò un forte interesse per gli studi internazionali. Proseguì la sua formazione accademica a Leeds e a Cambridge, per poi spostarsi a Vienna, consolidando il suo profilo di studioso del Medio Oriente.
Giulio vinse per due volte il premio “Europa e Giovani” nel 2012 e nel 2013, grazie alle sue ricerche approfondite sulle dinamiche politiche e sociali della regione mediorientale.
Dopo aver lavorato per l’UNIDO al Cairo e per la società di analisi politiche Oxford Analytica, intraprese un dottorato di ricerca presso il Girton College dell’Università di Cambridge.
Il suo progetto di ricerca lo portò nuovamente in Egitto, dove studiava il ruolo dei sindacati indipendenti dopo la rivoluzione del 2011.
Il rapimento e la morte
Il 25 gennaio 2016, Giulio Regeni uscì di casa al Cairo e inviò un messaggio alla sua fidanzata in Ucraina. Da quel momento, scomparve nel nulla. Nove giorni dopo la scomparsa, lo studente italiano fu ritrovato senza vita sul ciglio della strada tra il Cairo e Alessandria d’Egitto.
L’autopsia rivelò segni evidenti di tortura, tra cui fratture ossee multiple, coltellate, bruciature di sigaretta e incisioni sulla pelle.
La madre di Giulio, vedendo il cadavere, affermò di aver riconosciuto suo figlio “solo dalla punta del naso”. Aggiunse poi di aver visto nel suo volto “tutto il male del mondo”.
Le modalità della tortura portarono subito a sospettare il coinvolgimento dei servizi segreti egiziani.
Le indagini e le tensioni diplomatiche
Sin dall’inizio, le autorità egiziane fornirono versioni contraddittorie sulla morte di Giulio Regeni, ipotizzando inizialmente un incidente stradale, poi un delitto legato al traffico di droga.
Queste tesi furono rapidamente smontate dalle prove forensi e dall’analisi degli esperti italiani.
Nel marzo 2016, la polizia egiziana uccise in una sparatoria quattro persone, sostenendo che fossero i responsabili del rapimento e dell’omicidio.
Tuttavia, la famiglia Regeni e la magistratura italiana respinsero questa versione, denunciando un chiaro tentativo di depistaggio.
Le indagini italiane proseguirono nonostante la scarsa collaborazione delle autorità egiziane, che impedirono agli inquirenti di accedere a testimoni e prove chiave, come i filmati della metropolitana.
Nel 2020, la Procura di Roma ha formalmente accusato quattro ufficiali dei servizi segreti egiziani di sequestro di persona e omicidio.
Tuttavia, il processo si è arenato a causa dell’irreperibilità degli imputati.
Il governo egiziano ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto e ha rifiutato di consegnare i responsabili alla giustizia italiana.
L’impatto internazionale e le richieste di giustizia
La morte di Giulio Regeni ha generato un’ondata di indignazione a livello globale.
L’Unione Europea e numerose organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il caso come parte di un contesto più ampio di sparizioni forzate e torture in Egitto.
Il Parlamento Europeo ha approvato risoluzioni di condanna contro il regime di Al-Sisi, mentre l’Italia ha ritirato temporaneamente il proprio ambasciatore dal Cairo come segno di protesta.
La campagna “Verità per Giulio Regeni”, lanciata da Amnesty International, continua a tenere alta l’attenzione sul caso.
Striscioni con il suo nome sono stati esposti in molte città italiane e europee, e ogni anno vengono organizzate manifestazioni per chiedere giustizia.
Il funerale e la memoria
Il funerale di Giulio Regeni si è svolto il 12 febbraio 2016 a Fiumicello, alla presenza di centinaia di persone, tra cui rappresentanti delle istituzioni e attivisti per i diritti umani.
La cerimonia è stata un momento di grande commozione, con la comunità che si è stretta attorno alla famiglia del ricercatore.
Oggi, il suo nome resta un simbolo della lotta per la verità e la giustizia, mentre la sua tragica vicenda continua a interrogare l’opinione pubblica e la politica internazionale.
Giulio Regeni era nato a Trieste il 15 gennaio 1988 e ha trascorso l’infanzia a Fiumicello, in provincia di Udine. Fin da giovane dimostrò un forte interesse per gli studi internazionali. Proseguì la sua formazione accademica a Leeds e a Cambridge, per poi spostarsi a Vienna, consolidando il suo profilo di studioso del Medio Oriente.
Giulio vinse per due volte il premio “Europa e Giovani” nel 2012 e nel 2013, grazie alle sue ricerche approfondite sulle dinamiche politiche e sociali della regione mediorientale.
Dopo aver lavorato per l’UNIDO al Cairo e per la società di analisi politiche Oxford Analytica, intraprese un dottorato di ricerca presso il Girton College dell’Università di Cambridge.
Il suo progetto di ricerca lo portò nuovamente in Egitto, dove studiava il ruolo dei sindacati indipendenti dopo la rivoluzione del 2011.
Il rapimento e la morte
Il 25 gennaio 2016, Giulio Regeni uscì di casa al Cairo e inviò un messaggio alla sua fidanzata in Ucraina. Da quel momento, scomparve nel nulla. Nove giorni dopo la scomparsa, lo studente italiano fu ritrovato senza vita sul ciglio della strada tra il Cairo e Alessandria d’Egitto.
L’autopsia rivelò segni evidenti di tortura, tra cui fratture ossee multiple, coltellate, bruciature di sigaretta e incisioni sulla pelle.
La madre di Giulio, vedendo il cadavere, affermò di aver riconosciuto suo figlio “solo dalla punta del naso”. Aggiunse poi di aver visto nel suo volto “tutto il male del mondo”.
Le modalità della tortura portarono subito a sospettare il coinvolgimento dei servizi segreti egiziani.
Le indagini e le tensioni diplomatiche
Sin dall’inizio, le autorità egiziane fornirono versioni contraddittorie sulla morte di Giulio Regeni, ipotizzando inizialmente un incidente stradale, poi un delitto legato al traffico di droga.
Queste tesi furono rapidamente smontate dalle prove forensi e dall’analisi degli esperti italiani.
Nel marzo 2016, la polizia egiziana uccise in una sparatoria quattro persone, sostenendo che fossero i responsabili del rapimento e dell’omicidio.
Tuttavia, la famiglia Regeni e la magistratura italiana respinsero questa versione, denunciando un chiaro tentativo di depistaggio.
Le indagini italiane proseguirono nonostante la scarsa collaborazione delle autorità egiziane, che impedirono agli inquirenti di accedere a testimoni e prove chiave, come i filmati della metropolitana.
Nel 2020, la Procura di Roma ha formalmente accusato quattro ufficiali dei servizi segreti egiziani di sequestro di persona e omicidio.
Tuttavia, il processo si è arenato a causa dell’irreperibilità degli imputati.
Il governo egiziano ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto e ha rifiutato di consegnare i responsabili alla giustizia italiana.
L’impatto internazionale e le richieste di giustizia
La morte di Giulio Regeni ha generato un’ondata di indignazione a livello globale.
L’Unione Europea e numerose organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il caso come parte di un contesto più ampio di sparizioni forzate e torture in Egitto.
Il Parlamento Europeo ha approvato risoluzioni di condanna contro il regime di Al-Sisi, mentre l’Italia ha ritirato temporaneamente il proprio ambasciatore dal Cairo come segno di protesta.
La campagna “Verità per Giulio Regeni”, lanciata da Amnesty International, continua a tenere alta l’attenzione sul caso.
Striscioni con il suo nome sono stati esposti in molte città italiane e europee, e ogni anno vengono organizzate manifestazioni per chiedere giustizia.
Il funerale e la memoria
Il funerale di Giulio Regeni si è svolto il 12 febbraio 2016 a Fiumicello, alla presenza di centinaia di persone, tra cui rappresentanti delle istituzioni e attivisti per i diritti umani.
La cerimonia è stata un momento di grande commozione, con la comunità che si è stretta attorno alla famiglia del ricercatore.
Oggi, il suo nome resta un simbolo della lotta per la verità e la giustizia, mentre la sua tragica vicenda continua a interrogare l’opinione pubblica e la politica internazionale.