27 gennaio 1901. La morte di Giuseppe Verdi.
Il 27 gennaio 1901, muore a Milano Giuseppe Verdi, padre del melodramma italiano. Nato il 10 ottobre 1813 a Roncole di Busseto, piccolo paese vicino a Parma, mostrò fin da piccolo un talento straordinario per la musica. A soli sei anni, iniziò a prendere lezioni di organo e pianoforte grazie al maestro Pietro Baistrocchi, organista del paese.
Successivamente, il giovane Verdi fu sostenuto dal suo mecenate Antonio Barezzi, un ricco commerciante e amante della musica, che lo aiutò a perfezionarsi. Nel 1832, si trasferì a Milano per proseguire gli studi, ma fu rifiutato dal Conservatorio.
Nonostante questo ostacolo, prese lezioni private con Vincenzo Lavigna, maestro al cembalo della Scala, che ne riconobbe il talento.
Fu l’inizio di una carriera straordinaria.
La gloria delle opere
Con la composizione del Nabucco (1842), Verdi ottenne il suo primo grande successo. Il coro Va, pensiero divenne immediatamente un inno simbolico del Risorgimento italiano, associato al desiderio di libertà e unità nazionale.
Da quel momento in poi, Verdi compose una serie di opere che cambiarono il panorama del melodramma italiano, tra cui la celebre “Trilogia popolare”:
- Rigoletto (1851), opera che rompe con le convenzioni classiche mettendo al centro un buffone di corte, simbolo di emarginazione sociale.
- Il Trovatore (1853), noto per la sua intensità drammatica e le arie indimenticabili.
- La Traviata (1853), un’opera intimista che esplora i sentimenti più profondi attraverso la figura della cortigiana Violetta.
Verdi raggiunse il culmine della sua carriera con l’Aida (1871), commissionata per celebrare l’apertura del Canale di Suez, e con la composizione sacra Requiem (1874), dedicata ad Alessandro Manzoni.
Impegno politico e il legame con il risorgimento
Verdi non fu solo un genio musicale, ma anche un uomo dal forte impegno politico. Le sue opere, in particolare il Nabucco, furono interpretate come allegorie della lotta per l’indipendenza e l’unità d’Italia.
Lo slogan “Viva Verdi” divenne un acronimo per “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia”. Nel 1861, fu eletto deputato nel primo Parlamento del Regno d’Italia e, successivamente, senatore. Il suo contributo simbolico alla politica nazionale fu inestimabile per il movimento risorgimentale.
La morte e il funerale
Giuseppe Verdi morì il 27 gennaio 1901 a Milano, dopo essere stato colpito da un ictus. La sua scomparsa suscitò un’ondata di emozione in tutta Italia e nel mondo. Inizialmente, fu sepolto con una cerimonia privata al Cimitero Monumentale di Milano.
Tuttavia, il 27 febbraio 1901, il suo corpo fu traslato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti, da lui fondata e considerata il suo ultimo gesto filantropico. La processione funebre a Milano vide la partecipazione di oltre 300.000 persone.
Durante questa seconda cerimonia, 820 coristi intonarono il Va, pensiero sotto la direzione di Arturo Toscanini. L’intero Paese si fermò per rendere omaggio a uno dei più grandi artisti della storia italiana.
Il 27 gennaio 1901, muore a Milano Giuseppe Verdi, padre del melodramma italiano. Nato il 10 ottobre 1813 a Roncole di Busseto, piccolo paese vicino a Parma, mostrò fin da piccolo un talento straordinario per la musica. A soli sei anni, iniziò a prendere lezioni di organo e pianoforte grazie al maestro Pietro Baistrocchi, organista del paese.
Successivamente, il giovane Verdi fu sostenuto dal suo mecenate Antonio Barezzi, un ricco commerciante e amante della musica, che lo aiutò a perfezionarsi. Nel 1832, si trasferì a Milano per proseguire gli studi, ma fu rifiutato dal Conservatorio.
Nonostante questo ostacolo, prese lezioni private con Vincenzo Lavigna, maestro al cembalo della Scala, che ne riconobbe il talento.
Fu l’inizio di una carriera straordinaria.
La gloria delle opere
Con la composizione del Nabucco (1842), Verdi ottenne il suo primo grande successo. Il coro Va, pensiero divenne immediatamente un inno simbolico del Risorgimento italiano, associato al desiderio di libertà e unità nazionale.
Da quel momento in poi, Verdi compose una serie di opere che cambiarono il panorama del melodramma italiano, tra cui la celebre “Trilogia popolare”:
- Rigoletto (1851), opera che rompe con le convenzioni classiche mettendo al centro un buffone di corte, simbolo di emarginazione sociale.
- Il Trovatore (1853), noto per la sua intensità drammatica e le arie indimenticabili.
- La Traviata (1853), un’opera intimista che esplora i sentimenti più profondi attraverso la figura della cortigiana Violetta.
Verdi raggiunse il culmine della sua carriera con l’Aida (1871), commissionata per celebrare l’apertura del Canale di Suez, e con la composizione sacra Requiem (1874), dedicata ad Alessandro Manzoni.
Impegno politico e il legame con il risorgimento
Verdi non fu solo un genio musicale, ma anche un uomo dal forte impegno politico. Le sue opere, in particolare il Nabucco, furono interpretate come allegorie della lotta per l’indipendenza e l’unità d’Italia.
Lo slogan “Viva Verdi” divenne un acronimo per “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia”. Nel 1861, fu eletto deputato nel primo Parlamento del Regno d’Italia e, successivamente, senatore. Il suo contributo simbolico alla politica nazionale fu inestimabile per il movimento risorgimentale.
La morte e il funerale
Giuseppe Verdi morì il 27 gennaio 1901 a Milano, dopo essere stato colpito da un ictus. La sua scomparsa suscitò un’ondata di emozione in tutta Italia e nel mondo. Inizialmente, fu sepolto con una cerimonia privata al Cimitero Monumentale di Milano.
Tuttavia, il 27 febbraio 1901, il suo corpo fu traslato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti, da lui fondata e considerata il suo ultimo gesto filantropico. La processione funebre a Milano vide la partecipazione di oltre 300.000 persone.
Durante questa seconda cerimonia, 820 coristi intonarono il Va, pensiero sotto la direzione di Arturo Toscanini. L’intero Paese si fermò per rendere omaggio a uno dei più grandi artisti della storia italiana.