19 gennaio 2000. La scomparsa di Bettino Craxi.
Il 19 gennaio 2000, si spegneva a Hammamet Bettino Craxi, una delle figure più controverse e significative della politica italiana del dopoguerra.
La sua parabola, dalla leadership socialista agli scandali di Tangentopoli, rappresenta uno dei capitoli più complessi della storia recente del nostro Paese.
Craxi, leader visionario per alcuni, simbolo del malcostume politico per altri, è oggi oggetto di una rivalutazione che tenta di separare l’uomo dal mito, l’azione politica dagli errori personali.
Dagli anni d’oro al declino
Bettino Craxi nacque a Milano nel 1934 e, fin da giovane, si avvicinò al Partito Socialista Italiano (PSI), di cui divenne segretario nel 1976. Sotto la sua guida, il PSI conobbe una stagione di grande visibilità politica, culminata nel 1983 con la sua nomina a Presidente del Consiglio. Fu il primo socialista a ricoprire questa carica nella storia repubblicana.
Durante il suo governo, Craxi promosse riforme economiche, come il taglio della scala mobile, e scelte di politica estera coraggiose, tra cui il celebre episodio di Sigonella, che segnò l’indipendenza italiana rispetto agli Stati Uniti.
Ma gli anni d’oro lasciarono presto spazio a una fase di crisi. La rivoluzione giustizialista di Mani Pulite, scoppiata nei primi anni Novanta, svelò un sistema di finanziamenti illeciti ai partiti che coinvolse anche Craxi.
Il celebre episodio delle monetine lanciate all’uscita dall’Hotel Raphael, nel 1993, segnò simbolicamente la sua caduta.
L’esilio ad Hammamet
Dopo la condanna per corruzione e finanziamento illecito, Craxi scelse l’esilio ad Hammamet, in Tunisia, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Quella che doveva essere una fuga temporanea si trasformò in un esilio definitivo, segnato dalla malattia e da un crescente isolamento. Hammamet divenne il teatro di un dramma personale e politico, dove Craxi continuò a difendersi dalle accuse e a denunciare quello che considerava un processo politico contro di lui.
Il dibattito storico
A distanza di venticinque anni dalla sua morte, la figura di Bettino Craxi è oggetto di una riflessione più equilibrata.
Se da un lato permangono le ombre legate agli scandali di Tangentopoli, dall’altro si riconosce il ruolo centrale che ebbe nella modernizzazione della politica italiana e nella proiezione internazionale del Paese.
La sua visione riformista, il pragmatismo politico e la capacità di leadership rimangono tratti distintivi di una personalità complessa e contraddittoria.
Un’eredità controversa
L’eredità di Craxi rimane divisiva. Per alcuni è il simbolo di un sistema politico corrotto, per altri un uomo di Stato che ha pagato un prezzo altissimo per i suoi errori e per le sue battaglie. La sua vicenda personale e politica continua a interpellare il Paese, ponendo interrogativi su giustizia, politica e memoria storica.
Un quarto di secolo dopo la sua scomparsa, Bettino Craxi resta una figura che divide, ma che, al tempo stesso, invita a riflettere sulla complessità della storia italiana. Il tempo ha iniziato a temperare i giudizi più aspri, permettendo una valutazione più articolata di un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato un’epoca.
19 gennaio 2000. La scomparsa di Bettino Craxi.
Il 19 gennaio 2000, si spegneva a Hammamet Bettino Craxi, una delle figure più controverse e significative della politica italiana del dopoguerra.
La sua parabola, dalla leadership socialista agli scandali di Tangentopoli, rappresenta uno dei capitoli più complessi della storia recente del nostro Paese.
Craxi, leader visionario per alcuni, simbolo del malcostume politico per altri, è oggi oggetto di una rivalutazione che tenta di separare l’uomo dal mito, l’azione politica dagli errori personali.
Dagli anni d’oro al declino
Bettino Craxi nacque a Milano nel 1934 e, fin da giovane, si avvicinò al Partito Socialista Italiano (PSI), di cui divenne segretario nel 1976. Sotto la sua guida, il PSI conobbe una stagione di grande visibilità politica, culminata nel 1983 con la sua nomina a Presidente del Consiglio. Fu il primo socialista a ricoprire questa carica nella storia repubblicana.
Durante il suo governo, Craxi promosse riforme economiche, come il taglio della scala mobile, e scelte di politica estera coraggiose, tra cui il celebre episodio di Sigonella, che segnò l’indipendenza italiana rispetto agli Stati Uniti.
Ma gli anni d’oro lasciarono presto spazio a una fase di crisi. La rivoluzione giustizialista di Mani Pulite, scoppiata nei primi anni Novanta, svelò un sistema di finanziamenti illeciti ai partiti che coinvolse anche Craxi.
Il celebre episodio delle monetine lanciate all’uscita dall’Hotel Raphael, nel 1993, segnò simbolicamente la sua caduta.
L’esilio ad Hammamet
Dopo la condanna per corruzione e finanziamento illecito, Craxi scelse l’esilio ad Hammamet, in Tunisia, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Quella che doveva essere una fuga temporanea si trasformò in un esilio definitivo, segnato dalla malattia e da un crescente isolamento. Hammamet divenne il teatro di un dramma personale e politico, dove Craxi continuò a difendersi dalle accuse e a denunciare quello che considerava un processo politico contro di lui.
Il dibattito storico
A distanza di venticinque anni dalla sua morte, la figura di Bettino Craxi è oggetto di una riflessione più equilibrata.
Se da un lato permangono le ombre legate agli scandali di Tangentopoli, dall’altro si riconosce il ruolo centrale che ebbe nella modernizzazione della politica italiana e nella proiezione internazionale del Paese.
La sua visione riformista, il pragmatismo politico e la capacità di leadership rimangono tratti distintivi di una personalità complessa e contraddittoria.
Un’eredità controversa
L’eredità di Craxi rimane divisiva. Per alcuni è il simbolo di un sistema politico corrotto, per altri un uomo di Stato che ha pagato un prezzo altissimo per i suoi errori e per le sue battaglie. La sua vicenda personale e politica continua a interpellare il Paese, ponendo interrogativi su giustizia, politica e memoria storica.
Un quarto di secolo dopo la sua scomparsa, Bettino Craxi resta una figura che divide, ma che, al tempo stesso, invita a riflettere sulla complessità della storia italiana. Il tempo ha iniziato a temperare i giudizi più aspri, permettendo una valutazione più articolata di un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato un’epoca.