10 marzo 1872. La morte di Giuseppe Mazzini, padre del Risorgimento italiano.

Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico, filosofo e giornalista italiano.
Considerato uno dei principali esponenti del Risorgimento, ha lottato per l’unificazione italiana e la diffusione degli ideali repubblicani.
Le sue idee hanno ispirato movimenti democratici in tutta Europa, contribuendo alla formazione dello Stato unitario italiano.
La giovinezza e la formazione
Giuseppe Mazzini nacque a Genova in una famiglia della borghesia colta. Suo padre, Giacomo, era medico e professore universitario, mentre sua madre, Maria Drago, era una fervente giansenista.
Cresciuto in un ambiente impregnato di valori patriottici e culturali, Mazzini sviluppò fin da giovane un forte senso di giustizia e un profondo amore per la libertà.
Dopo aver frequentato il Liceo classico Cristoforo Colombo, si iscrisse all’Università di Genova, dove studiò giurisprudenza.
Tuttavia, il suo interesse principale era la letteratura e il pensiero politico.
Durante gli anni universitari, si appassionò alla filosofia di Dante, Foscolo e Byron, maturando la convinzione che l’Italia dovesse diventare una nazione unita e indipendente.
L’adesione alla Carboneria e il carcere
Nel 1827, Mazzini entrò nella Carboneria, una società segreta che mirava a rovesciare i governi oppressivi e promuovere l’indipendenza italiana.
Il suo attivismo politico lo portò a essere arrestato nel 1830 e imprigionato nella fortezza di Savona.
Durante la detenzione, approfondì il suo pensiero politico e concepì il progetto di un movimento rivoluzionario più organizzato.
La fondazione della Giovine Italia
Dopo il rilascio, fu costretto all’esilio e si trasferì a Marsiglia. Qui, nel 1831, fondò la Giovine Italia, un’associazione che promuoveva l’unificazione del Paese attraverso una rivoluzione popolare.
Il motto del movimento era “Dio e popolo”, a simboleggiare la fusione tra valori spirituali e patriottici.
La Giovine Italia si diffuse rapidamente tra i giovani intellettuali e i militari, suscitando grande entusiasmo, ma anche la repressione da parte delle autorità.
Nel 1834, Mazzini cercò di organizzare un’insurrezione armata in Savoia, che però fallì. Perseguitato dalle autorità, fu costretto a rifugiarsi in Svizzera, dove fondò la Giovine Europa, un movimento che mirava a creare un fronte comune tra i popoli oppressi del continente.
L’esilio e l’attività politica internazionale
Negli anni successivi, Mazzini visse prevalentemente a Londra, dove cercò di raccogliere fondi e sostenere la causa italiana attraverso articoli e conferenze.
Nel 1847, scrisse una lettera a Papa Pio IX, sperando che la Chiesa potesse sostenere l’unità italiana, ma il pontefice si schierò con le monarchie conservatrici, deludendo le aspettative del patriota genovese.
Nel 1848, con lo scoppio delle rivoluzioni europee, Mazzini tornò in Italia e partecipò attivamente alla Repubblica Romana del 1849, dove ricoprì il ruolo di triumviro insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini.
La Repubblica durò pochi mesi prima di essere repressa dalle truppe francesi.
Dopo la caduta di Roma, Mazzini fu nuovamente costretto all’esilio.
L’opposizione alla monarchia sabauda
Mazzini si oppose alla politica di Camillo Benso di Cavour, rifiutando l’idea di un’Italia unificata sotto la monarchia sabauda.
Credeva fermamente in una repubblica democratica e continuò a promuovere insurrezioni, tra cui quella fallita del 1857 con Carlo Pisacane.
Nel 1860, pur non condividendo pienamente la strategia di Garibaldi, sostenne l’impresa dei Mille, sperando che la rivoluzione potesse evolversi verso una repubblica.
Tuttavia, con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, Mazzini si trovò isolato politicamente.
Gli ultimi anni e la morte
Negli anni successivi, Mazzini continuò a lottare per la diffusione dei principi repubblicani.
Nel 1870, fu arrestato a Palermo e imprigionato nel forte di Gaeta, ma venne liberato grazie a un’amnistia.
Nel 1872, si rifugiò a Pisa, ospite della famiglia Nathan-Rosselli.
Il 10 marzo dello stesso anno morì a causa di una grave malattia.
Il 17 marzo si tennero i funerali solenni a Genova, con la partecipazione di oltre centomila persone.
Il suo corpo fu sepolto nel Cimitero monumentale di Staglieno, diventando un simbolo della lotta per la libertà e la democrazia in Italia.
Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico, filosofo e giornalista italiano.
Considerato uno dei principali esponenti del Risorgimento, ha lottato per l’unificazione italiana e la diffusione degli ideali repubblicani.
Le sue idee hanno ispirato movimenti democratici in tutta Europa, contribuendo alla formazione dello Stato unitario italiano.
La giovinezza e la formazione
Giuseppe Mazzini nacque a Genova in una famiglia della borghesia colta. Suo padre, Giacomo, era medico e professore universitario, mentre sua madre, Maria Drago, era una fervente giansenista.
Cresciuto in un ambiente impregnato di valori patriottici e culturali, Mazzini sviluppò fin da giovane un forte senso di giustizia e un profondo amore per la libertà.
Dopo aver frequentato il Liceo classico Cristoforo Colombo, si iscrisse all’Università di Genova, dove studiò giurisprudenza.
Tuttavia, il suo interesse principale era la letteratura e il pensiero politico.
Durante gli anni universitari, si appassionò alla filosofia di Dante, Foscolo e Byron, maturando la convinzione che l’Italia dovesse diventare una nazione unita e indipendente.
L’adesione alla Carboneria e il carcere
Nel 1827, Mazzini entrò nella Carboneria, una società segreta che mirava a rovesciare i governi oppressivi e promuovere l’indipendenza italiana.
Il suo attivismo politico lo portò a essere arrestato nel 1830 e imprigionato nella fortezza di Savona.
Durante la detenzione, approfondì il suo pensiero politico e concepì il progetto di un movimento rivoluzionario più organizzato.
La fondazione della Giovine Italia
Dopo il rilascio, fu costretto all’esilio e si trasferì a Marsiglia. Qui, nel 1831, fondò la Giovine Italia, un’associazione che promuoveva l’unificazione del Paese attraverso una rivoluzione popolare.
Il motto del movimento era “Dio e popolo”, a simboleggiare la fusione tra valori spirituali e patriottici.
La Giovine Italia si diffuse rapidamente tra i giovani intellettuali e i militari, suscitando grande entusiasmo, ma anche la repressione da parte delle autorità.
Nel 1834, Mazzini cercò di organizzare un’insurrezione armata in Savoia, che però fallì. Perseguitato dalle autorità, fu costretto a rifugiarsi in Svizzera, dove fondò la Giovine Europa, un movimento che mirava a creare un fronte comune tra i popoli oppressi del continente.
L’esilio e l’attività politica internazionale
Negli anni successivi, Mazzini visse prevalentemente a Londra, dove cercò di raccogliere fondi e sostenere la causa italiana attraverso articoli e conferenze.
Nel 1847, scrisse una lettera a Papa Pio IX, sperando che la Chiesa potesse sostenere l’unità italiana, ma il pontefice si schierò con le monarchie conservatrici, deludendo le aspettative del patriota genovese.
Nel 1848, con lo scoppio delle rivoluzioni europee, Mazzini tornò in Italia e partecipò attivamente alla Repubblica Romana del 1849, dove ricoprì il ruolo di triumviro insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini.
La Repubblica durò pochi mesi prima di essere repressa dalle truppe francesi.
Dopo la caduta di Roma, Mazzini fu nuovamente costretto all’esilio.
L’opposizione alla monarchia sabauda
Mazzini si oppose alla politica di Camillo Benso di Cavour, rifiutando l’idea di un’Italia unificata sotto la monarchia sabauda.
Credeva fermamente in una repubblica democratica e continuò a promuovere insurrezioni, tra cui quella fallita del 1857 con Carlo Pisacane.
Nel 1860, pur non condividendo pienamente la strategia di Garibaldi, sostenne l’impresa dei Mille, sperando che la rivoluzione potesse evolversi verso una repubblica.
Tuttavia, con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, Mazzini si trovò isolato politicamente.
Gli ultimi anni e la morte
Negli anni successivi, Mazzini continuò a lottare per la diffusione dei principi repubblicani.
Nel 1870, fu arrestato a Palermo e imprigionato nel forte di Gaeta, ma venne liberato grazie a un’amnistia.
Nel 1872, si rifugiò a Pisa, ospite della famiglia Nathan-Rosselli.
Il 10 marzo dello stesso anno morì a causa di una grave malattia.
Il 17 marzo si tennero i funerali solenni a Genova, con la partecipazione di oltre centomila persone.
Il suo corpo fu sepolto nel Cimitero monumentale di Staglieno, diventando un simbolo della lotta per la libertà e la democrazia in Italia.