Stragi di matrice islamica si susseguono per mano dei giovani senza Dio, senza credo e senz’anima. Manovali di morte a basso costo sedotti, corrotti, avvinghiati dal fascino dell’impresa che, nella sua spettacolare violenza mediatica, garantisce un momento di gloria, di immortale visibilità. Gesti di una guerra in cui si arruolano giovani soldati idioti ipnotizzati e manipolati dalla nuova propaganda on-line, strumento a buon mercato per reclutare militi da quattro soldi, ma pericolosi più che mai. Maschietti aggressivi per natura, per vocazione, per genetica eredità; mezzi uomini senza un ruolo in questa nostra stanca società, sedotti in quell’intrinseca area di crudeltà che langue nei cervelli umani, vagano mimetizzati da nulla tra le strade delle nostre città. Sparano a bruciapelo i soldatini di Allah, tagliano gole, ammazzano con ogni mezzo il popolo degli infedeli, istigati da storiche rivalità mai sazie di sangue. Storie di scimitarre lanciate al galoppo contro il simbolo della croce, oggi AK47, nuove mezzelune di uno Stato islamico già rinato e risconfitto fin dai giorni di Bisanzio. Impero ottomano vasto e sgretolato dai vincitori dopo due guerre mondiali, brullo territorio di petrolio, di califfi e di carovanieri tagliato da confini, ingabbiato in giovani Stati mescolando curdi, sciiti, sunniti ed ebrei sempre intenti a regolamenti di conti. Impero musulmano sottomesso, ma cancellato mai.
1500 anni di interessi, di odio e di rivalità regolati a fiumi di sangue e a far da spartiacque, spettatori delle carneficine consumate nel nome di uno stesso Dio, sono il medesimo mare, lo stesso cielo e l’unico sole. Terzo millennio: tempo di un’altra riscossa. Lo Stato islamico sta giocando carte di un mazzo nuovo e la posta è sempre la stessa: l’asso piglia tutto, questa volta giocando scorretto. L’evoluzione della specie ha fatto il proprio corso. Ci volevano mesi, navi e cavalli al tempo delle dispute tra re Riccardo e Saladino prima di servire sangue e morte al proprio Dio, prima di affondare le lame nella carne o lasciarle penetrare. Ora non più. Il fascino della guerra è sempre quello: nelle sabbie del deserto si addestrano i bambini a tagliar la gola per benino, ma nelle città evolute ci si allena lo stesso. Stanchi giovani senza più nerbo, risse e pugni si sfidano nei giochi virtuali, fanno stragi dalle consolle sparando dentro al video più veloci di Ringo.
La voglia di un nemico con cui battersi senza pietà è sempre la stessa. Dagli smartphone l’uomo bianco che ha sterminato le balene e gli indiani ora caccia i pokèmon, ultima fesseria di questa società. Così pare, ma così è? Forse è solo l’ultima frontiera spalancata a quell’impulso atavico, a quella violenza intrinseca e ancestrale che l’uomo cova, teme e controlla, ben sapendo di averla e che “l’altro” ha. L’altro è il nemico latente, l’antagonista ipotetico che esiste fuori e dentro alla mente. I cantastorie tramandavano le imprese degli eroici cavalieri in altri tempi e in altre guerre. Oggi la morte si diffonde con un telefonino quanto un matrimonio o una festa di paese e le regole di un saggio autocontrollo saltano, il giornalismo si interroga e si arrende di fronte alla potenza del Web, del sesto potere. Il Web, la rete globale e senza regole dove ognuno diventa editore di sé, e la verità, già difficile da padroneggiare dai tempi di Mosé, adesso diventa il tutto e il contrario di tutto.
È il terreno ideale in cui si muove il nuovo impero del male, il demone che siamo, mai sazio di abbeverarsi alla fonte dell’orrore. E l’orrore scorre sui telegiornali, sgorga dai monitor, zampilla da ogni telefonino, supera se stesso nei nuovi telefilm che sporcano di rosso l’interno del televisore; nel frattempo l’occhio cattura il gesto, la mente lo cataloga e qualcosa di nuovo si mescola all’antico. L’orrore si insinua, avvolge, coinvolge le anime labili, alletta, lusinga, rapisce con facilità giovani in cerca di un loro ruolo, di un loro principe di gloria e tenebre. E tra le genti di buona volontà, la paura si insinua, l’incertezza penetra la pelle, il disagio diventa una sterile, infettiva chiacchiera che prepara il terreno a quello che sarà terrore. Così vanno le cose adesso, muovendosi in fretta, ma quasi pian piano. Mentre papa Francesco, con voce incerta, anch’egli menziona quella parola infernale, “terza guerra mondiale”! E mentre il Tg delle 20 ci aggiorna sul fatto che anche oggi un ragazzo ha scannato la morosa o un padre ha ucciso la sua sposa e gli eredi di famiglia, forse c’è da meditare su quale morbo scatenante fuoriesce sempre più infettivo dallo schermo complice, e forse truccato da qualche messaggio subliminale, della nostra nuovissima tv modello schermo piatto HD con audio HI-FI comprata a rate con lavatrice omaggio. L’orrore, la paura e la morte truculenta stanno andando veramente a nozze su queste onde elettromagnetiche di nuova generazione garantite dal progresso. L’audience sale e in qualche parte del mondo chi tira le fila e sa far di conto, su questo, quello e quant’altro di un nuovo disordine mondiale, ci punta e ci guadagna ancora sulla morte in tempo reale, quella che c’è stata e quella che verrà.
Carlo Mariano Sartoris