Nell’anniversario della scomparsa di Pietro Taricone, lo ricordiamo con le parole con cui è stato commemorato all’epoca dallo scrittore Carlo Mariano Sartoris.
È morto un ragazzo simpatico, un ragazzo di 35 anni, un ragazzo di provincia che piaceva alla gente, balzato alla notorietà seguendo un percorso fin lì fortunato del proprio destino. È morto sentendo certamente un grande dolore e, un istante prima, provando il morso della paura. È caduto al suolo sotto gli occhi della sua compagna che dall’alto, saldamente ancorata al proprio paracadute, deve avere dapprima visto e poi compreso tutto. Sembra un copione malamente scritto per concludere in tragedia una vita che pareva essere baciata da ben altra fortuna.
Pietro “o’ guerriero”, volto schietto e sornione del primo Grande Fratello, non ha potuto lottare contro la sfortuna che fa precipitare al suolo. I suoi fan sono increduli: erano convinti che ce l’avrebbe fatta.
È morto un giovane atleta, un ragazzo dal volto conosciuto eppure riservato, un attore, un uomo generoso e cordiale sul quale si poteva sempre contare, ma soprattutto è morto un giovane padre: e questo è il peggio. È un fatto che fa notizia. Se ne parlerà per un po’ di tempo e i giornalisti vi dedicheranno la giusta attenzione; poi rimarrà il ricordo delle persone a lui più vicine e altri volti, altri giovani troveranno il proprio spazio e una ventata di notorietà.
Ciò che istintivamente mi provoca grande tristezza è immaginare quel momento, quando la terra si fa sempre più vicina. Il cuore batte ancora, batte forte perché non vuole, perché sa che non è ora, ma ha compreso che non c’è più nulla da fare. È un momento lunghissimo e vive nel tempo di una vita intera. È un momento che merita grandissimo rispetto, umiltà, cordoglio e infinita solidarietà. L’ho provato anch’io in quell’incidente che mi ha restituito ancora vivo, ma costretto ad un’altra vita. Tanti anni fa.
Carlo Mariano Sartoris