Vorrei onorare questi morti
questi morti strappati alle loro famiglie,
usciti di casa in ambulanza
e mai più riabbracciati.
Vorrei abbracciare questi morti
questi morti fragili e impauriti
questi morti morti da soli
e frettolosamente rinchiusi nei sacchi.
Vorrei palesare questi morti,
questi morti tenuti nascosti
silenziosamente sepolti o custoditi in salotto
questi morti pianti in privato
con tanto, troppo dolore
e poca, pochissima condivisione.
Vorrei descrivere questi morti
questi morti quotidianamente contati
ma mai raccontati
questi morti trattati come “vecchi acciaccati”
che tanto comunque
in un modo o nell’altro
sarebbero morti.
Vorrei nominarli uno ad uno,
questi morti “scomodi” e già dimenticati
vorrei che fossero celebrati
nelle piazze e nei telegiornali
dal Papa, dal Presidente della Repubblica,
dai sindaci di ogni paese
vorrei che molte più messe e minuti di silenzio
venissero loro dedicati.
Vorrei incontrarli, questi morti
prendere un tè insieme a loro
domandare loro “Come state?”
Dire loro “Mi dispiace“.
Vorrei essere il loro postino,
consegnare le lettere dei loro cari,
con su scritto:
“Non ci credo ancora”
“Perdonami”
“Mi manchi tanto”
“Ti voglio bene”
“Stammi vicino“.
Vorrei farmi loro messaggero
e diffondere parole di conforto e di speranza:
“Non disperatevi”
“Vogliatevi bene”
“Continuate ad amarci”
“Vivete un po’ anche per noi“.
Sì, voglio proprio onorarli questi morti
questi morti che non sono soltanto morti
ma nonni, nonne, padri, madri, mariti, mogli…
questi morti che in realtà
non sono neanche davvero morti
perché sono e rimarranno sempre
i nostri cari.
Marco Marchetti