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Coronavirus a Brescia, i morti restano soli, le bare in cappella.

Dire addio in ventiquattr’ore o poco più, salutare una vita amata senza averla potuta accompagnare verso la fine.
Si muore soli, si muore in fretta. Purtroppo, si muore in tanti. Negli ospedali è difficile trovare posto per i vivi ma anche per i morti: «Al Civile la situazione è drammatica  – raccontano i proprietari delle onoranze funebri della città – non ci stanno più nelle stanze, li stanno mettendo anche nella cappella ma anche lì lo spazio sta finendo».
Il rito della morte è cambiato: non c’è più.
La morte invece è ovunque, un altro paradosso, uno dei tanti di questi giorni. Nessuna consolazione dai funerali, gli abbracci sono solo pensati e le preghiere si condividono solo a distanza.
Il coronavirus cambia il lutto e impedisce alle famiglie di stringersi nel dolore. Ognuno lo fa per conto suo, di collettivo c’è solo lo stordimento per quello che succede intorno, per le tante vite spezzate, per i legami interrotti, per una mancanza difficile da mettere a fuoco.

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