Ha restituito il maltolto, riconsegnando i 25 mila euro che per la procura di Bologna erano il frutto di reati commessi. Ora Giancarlo Armaroli, amministratore unico del consorzio Rip (che raggruppa alcune agenzie di pompe funebri) si appresta a chiedere il patteggiamento della pena, ammettendo di fatto le proprie responsabilità.
Uno dei big dell’inchiesta “ Mondo sepolto” spera di uscire di scena e di evitare il processo che, secondo la chiusura delle indagini, vedrà alla sbarra 75 soggetti, tra persone fisiche e aziende.
L’inchiesta del pm Augusto Borghini indica Armaroli come uno dei perni attorno a cui ruota l’intera indagine condotta dai carabinieri della Compagnia Bologna Centro.
Il consorzio da lui amministrato aveva il monopolio dei funerali dell’ospedale Maggiore.
Un’esclusiva che la “Rip, service” aveva ottenuto grazie a regalie e mazzette. Soldi consegnati agli operatori dell’obitorio dell’ospedale in cambio delle segnalazioni che arrivavano puntuali quando moriva un paziente. La sua posizione, vista anche la collaborazione con la magistratura e la restituzione del denaro, potrebbe alleggerirsi.
Tra l’altro Armaroli, assumendosi la responsabilità di quanto accaduto, fa uscire di scena la figlia Sara, inizialmente indagata: la sua posizione sembra destinata all’archiviazione.
Non dorme sonni tranquilli invece l’altro indagato chiave della vicenda. A Massimo Benetti, presidente del consiglio d’amministrazione del consorzio Cif, la Procura, oltre alla corruzione e a una serie di reati fiscali, ha deciso di contestare anche il riciclaggio del denaro che entrava in nero nelle società del consorzio.
Accusa di riciclaggio per Benetti e stessa contestazione anche per Maurizio Rossi e Marco Zambonelli, entrambi considerati molto vicini al capo del consorzio che teneva in pugno gli affari dei funerali nell’ambito delle sale mortuarie del Sant’Orsola.
A distanza di alcuni mesi l’impianto dell’inchiesta – che a gennaio portò a 30 misure cautelari (9 in carcere, 18 arresti domiciliari e 3 divieti di esercizio dell’attività d’impresa) – è rimasto praticamente immutato. Il sistema funzionava con due cartelli di ditte. Uno operava sul Maggiore l’altro sul Sant’Orsola.
Le agenzie di pompe funebri si mettevano d’accordo con alcuni operatori degli ospedali che lavoravano nelle sale mortuarie e, quando si registravano i decessi, gli stessi addetti agli obitori indirizzavano i parenti dei defunti verso le agenzie amiche. Ne ricavavano in cambio mazzette che andavano dai 200 ai 300 euro.
Di nuovo, rispetto alla prima fase dell’inchiesta, ci sono invece altri episodi di corruzione contestati ai singoli indagati e i reati fiscali. Il pm Borghini grazie agli ulteriori accertamenti chiesti al consulente Gianfranco Tosarelli, è riuscito a ricostruire i bilanci paralleli sequestrati durante le perquisizioni di inizio anno. Dagli approfondimenti contabili sarebbero risultati imbrogli fiscali che non erano ancora emersi e che ora complicano soprattutto le posizioni dei titolari delle agenzie.
Uno dei big dell’inchiesta “ Mondo sepolto” spera di uscire di scena e di evitare il processo che, secondo la chiusura delle indagini, vedrà alla sbarra 75 soggetti, tra persone fisiche e aziende.
L’inchiesta del pm Augusto Borghini indica Armaroli come uno dei perni attorno a cui ruota l’intera indagine condotta dai carabinieri della Compagnia Bologna Centro.
Il consorzio da lui amministrato aveva il monopolio dei funerali dell’ospedale Maggiore.
Un’esclusiva che la “Rip, service” aveva ottenuto grazie a regalie e mazzette. Soldi consegnati agli operatori dell’obitorio dell’ospedale in cambio delle segnalazioni che arrivavano puntuali quando moriva un paziente. La sua posizione, vista anche la collaborazione con la magistratura e la restituzione del denaro, potrebbe alleggerirsi.
Tra l’altro Armaroli, assumendosi la responsabilità di quanto accaduto, fa uscire di scena la figlia Sara, inizialmente indagata: la sua posizione sembra destinata all’archiviazione.
Non dorme sonni tranquilli invece l’altro indagato chiave della vicenda. A Massimo Benetti, presidente del consiglio d’amministrazione del consorzio Cif, la Procura, oltre alla corruzione e a una serie di reati fiscali, ha deciso di contestare anche il riciclaggio del denaro che entrava in nero nelle società del consorzio.
Accusa di riciclaggio per Benetti e stessa contestazione anche per Maurizio Rossi e Marco Zambonelli, entrambi considerati molto vicini al capo del consorzio che teneva in pugno gli affari dei funerali nell’ambito delle sale mortuarie del Sant’Orsola.
A distanza di alcuni mesi l’impianto dell’inchiesta – che a gennaio portò a 30 misure cautelari (9 in carcere, 18 arresti domiciliari e 3 divieti di esercizio dell’attività d’impresa) – è rimasto praticamente immutato. Il sistema funzionava con due cartelli di ditte. Uno operava sul Maggiore l’altro sul Sant’Orsola.
Le agenzie di pompe funebri si mettevano d’accordo con alcuni operatori degli ospedali che lavoravano nelle sale mortuarie e, quando si registravano i decessi, gli stessi addetti agli obitori indirizzavano i parenti dei defunti verso le agenzie amiche. Ne ricavavano in cambio mazzette che andavano dai 200 ai 300 euro.
Di nuovo, rispetto alla prima fase dell’inchiesta, ci sono invece altri episodi di corruzione contestati ai singoli indagati e i reati fiscali. Il pm Borghini grazie agli ulteriori accertamenti chiesti al consulente Gianfranco Tosarelli, è riuscito a ricostruire i bilanci paralleli sequestrati durante le perquisizioni di inizio anno. Dagli approfondimenti contabili sarebbero risultati imbrogli fiscali che non erano ancora emersi e che ora complicano soprattutto le posizioni dei titolari delle agenzie.
fonte: repubblica.it