Sono iniziati gli interrogatori di garanzia degli indagati per l’inchiesta del racket delle pompe funebri che ha portato già all’arresto di trenta persone. “Già”, perché il cerchio potrebbe allargarsi: non solo fra le realtà cittadine, ma anche in provincia, dove non si esclude che possano essere scattati gli stessi meccanismi illeciti visti su Bologna.
I Carabinieri, coordinati dalla Procura di Bologna, stanno infatti proseguendo le indagini analizzando materiale cartaceo, documenti contabili, ma anche chiavette usb e memorie esterne di diverso tipo e si aspettano collaborazione da parte degli indagati. Importantissimi i video, nei quali si vedono chiaramente i passaggi di denaro: le ore di riprese sono tantissime e ci vorrà comunque del tempo per vagliarle tutte. Si ha ragione di credere che queste dinamiche siano proseguite per dieci anni, dal 2009.
Ma gli attori di “Mondo sepolto” si sentivano sicuri e intoccabili? Abbastanza. Qualche precauzione al telefono, mentre dalle intercettazioni si evince che evitavano giusto le famiglie che, per esempio, avevano affidato le esequie al proprio legale: certamente una piccola parte. Per il resto non pare si facessero troppi scrupoli, adeguando le proposte al cliente (con un po’ di psicologia) e facendo leva via via su punti di forza diversi. Un esempio? La bara ecocompatibile.
Nell’inchiesta sono finite al momento sei note agenzie funebri bolognesi, ma i numeri potrebbero crescere con il proseguimento delle indagini. I militari della Compagnia di Bologna hanno perquisito in totale trentacinque edifici, incluso quello che è stato definito l’ufficio “bunker”, scelto dai vertici di uno dei consorzi coinvolti nell’indagine ed eletto quale base logistica dell’associazione, fulcro delle illecite attività amministrativo/contabili del sodalizio stesso. Nella sede i Carabinieri hanno rinvenuto complessivamente 112mila euro, suddivisi nelle disponibilità delle persone arrestate. Nello stesso ufficio anche i libri contabili con il bilancio parallelo di entrate e uscite.