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Tre funerali per rendere grandioso il giusto omaggio a Totò.

Non tutti … presentandosi su, a San Pietro apostolo, possono vantare come credenziale l’aver ricevuto in terra ben “3 funerali”! Eppure è quanto si è verificato con uno dei più grandi artisti della comicità italiana: Antonio De Curtis, in arte “Totò”. Scomparso nella notte del 15 aprile 1967 (aveva 69 anni) per infarto, lasciando un “vuoto” come artista e come uomo, il 17 aprile ebbe il primo funerale a Roma, sua residenza, con migliaia di persone che seguirono il feretro alla Chiesa di Sant’Eugenio. Il carro funebre partì poi per Napoli. Qui oltre 150.000 persone attendevano il feretro sulla grande Piazza del Carmine, altre 3.000 erano accalcate nella Basilica di Santa Maria del Carmine; alle 16,30 il carro spuntava sulla vastissima Piazza storica di Napoli, tra l’indescrivibile commozione della oceanica folla. Sul feretro, il tradizionale cappello del grande artista, la “bombetta nera” che spessissimo lo aveva caratterizzato nella vita teatrale e cinematografica.
Questo immenso e grandioso omaggio da parte di Napoli non fu però sufficiente. Un mese dopo, (su piena autorizzazione delle autorità ecclesiastiche e istituzionali di Napoli) di Totò fu celebrato il “terzo” funerale con tutti i crismi: carro funebre, bara, fiori, rito religioso, e tutto quanto inerente al rito. Ovviamente l’unico elemento mancante era … la salma, che riposava ormai nella Cappella De Curtis del Cimitero di Poggioreale di Napoli. Questa ulteriore imponente cerimonia avvenne nel noto “Rione Sanità” di Napoli, ove Totò era nato, originariamente registrato all’anagrafe col cognome della madre, Anna Clemente e di “paternità ignota N.N.” Per il Rione Sanità Totò restava “un proprio figlio”, e nel contempo ancor più amato intensamente per la sua grandissima arte. Pertanto, ecco che il “Rione” volle che si celebrasse un nuovo funerale specifico e proprio. Presenti i familiari di Antonio De Curtis fu un nuovo bagno di folla, una sorta di affettuoso ultimo show di e per Totò.
Antonio era il frutto di una relazione segreta fra la giovanissima Anna, di umili origini, con il nobile Giuseppe De Curtis, che, per onor di casato non poteva rivelare al proprio padre tale sua relazione con una donna di basso ceto. Tuttavia, nel 1921 il De Curtis, morto il proprio padre e sentitosi meno oppresso, sposò Anna e ovviamente riconobbe il figlio Antonio, che assunse pertanto giustamente e legittimamente il cognome conseguendo anche i primi titoli nobiliari di famiglia. Nel 1933, adottato legalmente dal nobile Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertìveri, di Napoli, poté poi fregiarsi legittimamente di tutti i titoli nobiliari di cui il Gagliardi era investito, a cominciare da quello di “Principe”; titoli per ben quattro volte avallati a livello giudiziario dalla Cassazione.

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