Era una “zona disseminata di tombe e presenze archeologiche, una vera e propria necropoli”, secondo l’accusa, coperta per effettuare i lavori di ampliamento del nuovo cimitero di Canosa di Puglia. A detta degli inquirenti ne avevano “la piena consapevolezza” dipendenti del Comune, lavoratori dell’impresa appaltatrice e perfino funzionari della soprintendenza, ma bisognava chiudere in fretta il cantiere. Anche “per non fare lievitare i costi dell’appaltatore”.
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