23 marzo 1842. Muore Stendhal, padre del romanzo moderno.

Henri Beyle, noto al mondo come Stendhal, nacque a Grenoble il 23 gennaio 1783.
Rimasto orfano di madre a soli sette anni, crebbe in un ambiente severo e privo di affetto, segnato dalla rigida figura del padre e dell’odiata zia Séraphie.
Fu il nonno materno, Henri Gagnon, a trasmettergli l’amore per la cultura e il pensiero illuminista.
Durante l’adolescenza frequentò l’École centrale di Grenoble, dove scoprì la passione per la matematica, la letteratura e il teatro.
Nel 1799 si trasferì a Parigi con l’intenzione di entrare all’École polytechnique, ma abbandonò presto il progetto per seguire l’esercito napoleonico in Italia.
Fu qui che iniziò a scrivere e ad amare profondamente l’arte, la musica e la cultura italiana, che segneranno per sempre il suo stile letterario.
Dalla carriera militare alla scrittura
Dopo alcune esperienze come commissario di guerra, Stendhal si stabilì a Milano, città che considerò la sua seconda patria.
Nel 1817 pubblicò le prime opere firmate con il celebre pseudonimo, ispirato probabilmente alla città tedesca di Stendal.
Tra queste, la “Vita di Rossini” e “Roma, Napoli e Firenze” mostrarono già la sua originalità di pensiero e la sensibilità romantica.
Negli anni successivi si dedicò alla stesura di romanzi che mescolavano introspezione psicologica, cronaca storica e critica sociale.
Con opere come “Il rosso e il nero” (1830) e “La Certosa di Parma” (1839), Stendhal pose le basi del romanzo moderno.
La sua scrittura, essenziale e diretta, cercava la verità nei sentimenti e nell’animo umano, anticipando il realismo dell’Ottocento.
Il romanzo come specchio dell’anima
I protagonisti dei suoi romanzi sono giovani ambiziosi e inquieti, divisi tra il desiderio di affermazione e la forza dell’amore.
Julien Sorel, Fabrizio del Dongo e Lucien Leuwen incarnano l’eroe romantico che cerca nel mondo la propria realizzazione, scontrandosi con le ipocrisie sociali.
Stendhal era interessato a raccontare la verità del suo tempo, non attraverso la descrizione minuziosa dei luoghi, ma focalizzandosi sulle emozioni e le contraddizioni dei suoi personaggi.
In questo modo, riuscì a creare un nuovo modo di fare letteratura, dove il vissuto individuale diventava specchio della storia collettiva.
Il periodo italiano e l’attività diplomatica
Negli ultimi anni della sua vita, Stendhal visse a lungo in Italia.
Fu console francese a Civitavecchia dal 1831 e passò molto tempo tra Roma, Napoli, Firenze e Milano.
La sua attività diplomatica, spesso noiosa, lo spinse a dedicarsi alla scrittura autobiografica e alla riflessione artistica.
Tra le sue opere postume si ricordano le “Cronache italiane”, “Souvenirs d’égotisme” e il romanzo incompiuto “Lucien Leuwen”.
Fu anche autore di scritti d’arte, come “Histoire de la peinture en Italie” e “Promenades dans Rome”, in cui esprimeva la sua ammirazione per l’estetica italiana.
La morte e i funerali di Stendhal
Il 22 marzo 1842, mentre camminava per le strade di Parigi, Stendhal fu colto da un malore improvviso.
Morì nella notte tra il 22 e il 23 marzo, all’età di 59 anni, senza mai riprendere conoscenza.
I funerali si svolsero il 24 marzo nella chiesa di Notre-Dame-de-l’Assomption.
Fu sepolto nel cimitero di Montmartre, sotto una lapide che egli stesso aveva voluto con l’epitaffio in italiano:
“Arrigo Beyle / Milanese / Scrisse / Amò / Visse”.
Un omaggio alla città che più amò e alla vita intensa e appassionata che seppe vivere fino all’ultimo istante.
Henri Beyle, noto al mondo come Stendhal, nacque a Grenoble il 23 gennaio 1783.
Rimasto orfano di madre a soli sette anni, crebbe in un ambiente severo e privo di affetto, segnato dalla rigida figura del padre e dell’odiata zia Séraphie.
Fu il nonno materno, Henri Gagnon, a trasmettergli l’amore per la cultura e il pensiero illuminista.
Durante l’adolescenza frequentò l’École centrale di Grenoble, dove scoprì la passione per la matematica, la letteratura e il teatro.
Nel 1799 si trasferì a Parigi con l’intenzione di entrare all’École polytechnique, ma abbandonò presto il progetto per seguire l’esercito napoleonico in Italia.
Fu qui che iniziò a scrivere e ad amare profondamente l’arte, la musica e la cultura italiana, che segneranno per sempre il suo stile letterario.
Dalla carriera militare alla scrittura
Dopo alcune esperienze come commissario di guerra, Stendhal si stabilì a Milano, città che considerò la sua seconda patria.
Nel 1817 pubblicò le prime opere firmate con il celebre pseudonimo, ispirato probabilmente alla città tedesca di Stendal.
Tra queste, la “Vita di Rossini” e “Roma, Napoli e Firenze” mostrarono già la sua originalità di pensiero e la sensibilità romantica.
Negli anni successivi si dedicò alla stesura di romanzi che mescolavano introspezione psicologica, cronaca storica e critica sociale.
Con opere come “Il rosso e il nero” (1830) e “La Certosa di Parma” (1839), Stendhal pose le basi del romanzo moderno.
La sua scrittura, essenziale e diretta, cercava la verità nei sentimenti e nell’animo umano, anticipando il realismo dell’Ottocento.
Il romanzo come specchio dell’anima
I protagonisti dei suoi romanzi sono giovani ambiziosi e inquieti, divisi tra il desiderio di affermazione e la forza dell’amore.
Julien Sorel, Fabrizio del Dongo e Lucien Leuwen incarnano l’eroe romantico che cerca nel mondo la propria realizzazione, scontrandosi con le ipocrisie sociali.
Stendhal era interessato a raccontare la verità del suo tempo, non attraverso la descrizione minuziosa dei luoghi, ma focalizzandosi sulle emozioni e le contraddizioni dei suoi personaggi.
In questo modo, riuscì a creare un nuovo modo di fare letteratura, dove il vissuto individuale diventava specchio della storia collettiva.
Il periodo italiano e l’attività diplomatica
Negli ultimi anni della sua vita, Stendhal visse a lungo in Italia.
Fu console francese a Civitavecchia dal 1831 e passò molto tempo tra Roma, Napoli, Firenze e Milano.
La sua attività diplomatica, spesso noiosa, lo spinse a dedicarsi alla scrittura autobiografica e alla riflessione artistica.
Tra le sue opere postume si ricordano le “Cronache italiane”, “Souvenirs d’égotisme” e il romanzo incompiuto “Lucien Leuwen”.
Fu anche autore di scritti d’arte, come “Histoire de la peinture en Italie” e “Promenades dans Rome”, in cui esprimeva la sua ammirazione per l’estetica italiana.
La morte e i funerali di Stendhal
Il 22 marzo 1842, mentre camminava per le strade di Parigi, Stendhal fu colto da un malore improvviso.
Morì nella notte tra il 22 e il 23 marzo, all’età di 59 anni, senza mai riprendere conoscenza.
I funerali si svolsero il 24 marzo nella chiesa di Notre-Dame-de-l’Assomption.
Fu sepolto nel cimitero di Montmartre, sotto una lapide che egli stesso aveva voluto con l’epitaffio in italiano:
“Arrigo Beyle / Milanese / Scrisse / Amò / Visse”.
Un omaggio alla città che più amò e alla vita intensa e appassionata che seppe vivere fino all’ultimo istante.