Sant’Elisabetta della Trinità, nata Elisabetta Catez il 18 luglio 1880 nell’accampamento militare di Avor, vicino a Bourges, visse un’infanzia vivace e ribelle, ricordata dalla sorella Margherita come una bambina “impetuosa” e “difficile”.
Dopo la morte del padre, la sua famiglia si trasferì a Digione, dove Elisabetta ricevette la sua prima comunione nel 1891.
Questo evento, insieme alla confermazione, segnarono in lei un profondo cambiamento, avvicinandola a una vita interiore di raccoglimento e preghiera.
Pur senza una formazione accademica formale, Elisabetta sviluppò un talento per la musica, studiando pianoforte presso il conservatorio di Digione e ottenendo riconoscimenti nei concerti.
Tuttavia, già a quattordici anni avvertì una forte vocazione religiosa, decidendo di dedicarsi a Cristo con un voto di verginità.
Sua madre, sperando di vederla costruire una carriera musicale, cercò di allontanarla da questa strada, ma Elisabetta rimase fedele alla sua vocazione.
Alla fine, nel 1899, la madre le permise di entrare al Carmelo a ventun anni, e il 2 agosto 1901 Elisabetta abbracciò finalmente la vita carmelitana.
Pochi mesi dopo aver pronunciato i voti, nel 1903, Elisabetta mostrò i primi sintomi di una malattia rara e incurabile per l’epoca, il morbo di Addison.
Accettò la sofferenza con serenità, vedendo in essa un’opportunità per unirsi al Cristo crocifisso.
In questo periodo, su richiesta della priora, scrisse due manoscritti nei quali condivise i suoi pensieri e la sua profonda spiritualità, culminata nel 1904 con un’offerta come “vittima” alla Trinità.
La malattia la consumò lentamente, ma la sua fede rimase incrollabile. Scrisse alla madre: “Il Padre mi ha scelto perché fossi conforme al suo Figlio crocifisso”.
Nonostante i dolori fisici e spirituali, Elisabetta esprimeva un’intensa gioia, una convinzione profonda nella vita eterna.
Nei suoi ultimi giorni, visse momenti di desolazione e sofferenza, accompagnati da un costante abbandono alla volontà divina.
Il 9 novembre 1906, dopo giorni di agonia, morì con le parole “sto andando verso la luce, l’amore, la vita”.
Elisabetta lasciò pochi scritti, ma riassunse il suo pensiero in una lettera del 1902: “Portiamo dentro di noi il paradiso, poiché colui che illumina i santi si concede a noi nella fede e nel mistero”.
Giovanni Paolo II, influenzato dalla sua spiritualità, la beatificò il 25 novembre 1984, mentre Papa Francesco la canonizzò il 16 ottobre 2016.