Non smettiamo di inquinare neppure quando moriamo. Le pratiche di sepoltura e i rituali a essa collegati hanno infatti un elevato impatto ambientale. Prima di tutto il consumo di suolo, necessario per la costruzione dei loculi. Manca spazio per i cimiteri che devono diventare sempre più grandi. Nel Regno Unito per evitare un’eccessiva cementificazione, hanno persino pensato di destinare a questo scopo i bordi delle autostrade. I funerali prevedono una serie di servizi e prodotti come le lapidi e le tombe, i fiori, i viaggi necessari a trasportare i defunti e le bare che li contengono. In media in Italia muoiono ogni anno 600 mila persone, che si traducono in oltre 50 mila tonnellate di legno.
È inevitabile dunque che questo settore, che ha un valore di oltre 1,7 miliardi di euro, generi alte emissioni. Il minimo necessario, ovvero bara e lapide, corrisponde a una produzione di anidride carbonica paragonabile a quella prodotta da un’auto che viaggia per 4000 chilometri. Anche la cremazione consuma molta energia: per un solo corpo vengono prodotti oltre 250 chili di anidride carbonica. In molti Paesi stanno però emergendo alternative più ecologiche che rispettano l’ambiente e il paesaggio.