La cerimonia delle esequie, in massoneria, si carica di particolari significati allegorici: non è solo un doveroso commiato per il defunto, ma diviene l’occasione per i fratelli liberi muratori di meditare sul passaggio oscuro ed arcano dalla caducità delle cose terrene alla vita eterna, dal mondo sensoriale alla dimensione eterea del puro spirito. È, allora, il momento in cui si rammenta che il necessario percorso dell’esistenza è basato su principi di distruzione, di rinascita e di mutamento continuo. Il valore sacro della vita, quindi, risiede nella fratellanza e nel ritorno a quell’uno Tutto, espressione della circolarità divina da cui ogni creatura trae forza ed energia per affermare la propria esistenza come fibra brillante dell’universo.
La cerimonia inizia a mezzanotte, quando, cioè, il buio è più profondo e vela la natura con tenebre dense ed angoscianti, mentre la terra è orbata del suo astro che le dona luce e calore, proprio come fa la chiesa quando celebra ogni anno la Nascita e la Resurrezione del Signore. Il rito è officiato nel tempio dei muratori, la navata dove si è riunita la mesta assemblea è arredata con ampi e sontuosi drappi funebri che indicano l’ineluttabilità della morte.
Il maestro venerabile apre solennemente la liturgia, battendo con il maglietto un colpo debolissimo, quale segno della nascita. Il sorvegliante, invece, percuote sonoramente il pavimento, producendo un suono fragoroso per rappresentare idealmente la vita che scorre con vigore, mentre un secondo sorvegliante chiude la funzione di suffragio con un rumore appena percettibile, tale da tradurre l’estinguersi malinconico in un sussurro soffocato dell’esistenza. Nel frattempo tutti i presenti si raccolgono intorno al feretro, posto al centro dell’edificio, ed invocano Dio con preci e preghiere.