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Blackout challenge: è istigazione al suicidio?

Le piattaforme social, di sfide, o per meglio dire di “challenge”, sono piene. Alcune di queste invitano gli utenti a cimentarsi in attività per lo più goliardiche, mentre altre si sono invece rivelate particolarmente assurde e in molti casi pericolose per la vita e per l’integrità fisica degli utenti. Un rischio particolarmente avvertito soprattutto quando in gioco ci sono i più piccoli, ovvero bambini e adolescenti che su questi social si iscrivono (spesso pur non avendone l’età), in diversi casi all’insaputa degli adulti, e che si lasciano facilmente suggestionare dalle tendenze e dalle sfide proposte sino a lasciarsene travolgere con drammatiche conseguenze derivanti dall’emulazione.
Negli anni, purtroppo, sotto ai riflettori ne sono finite tante (come la famigerata “Blue Whale Challenge”) e nell’ultimo periodo è il turno di una sfida nota come “Blackout Challenge” (o Hanging Challenge), che circola sui social da molti anni e sembrerebbe recentemente tornata in auge (in particolare su TikTok), e additata da molti come la causa della morte di alcuni adolescenti. Obiettivo sarebbe quello di sfidare gli utenti a trattenere il respiro per il maggior tempo possibile, resistendo di solito con una cintura o un laccio stretti attorno al proprio collo, per sperimentare sensazioni simili alla perdita di conoscenza o all’euforia di quando a 7 mila metri di quota ci si trova senza ossigeno. Comportamenti di cui salta immediatamente all’occhio l’elevata e intrinseca pericolosità, in quanto chi si cimenta nella “challenge” potrebbe trovare la morte per asfissia.

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