Questa storia inizia con un incidente sulle piste da sci circa 20 anni fa. Una ragazzina olandese, Nienke Verberne, si rompe una gamba. Ruud, il padre, un camionista esperto di logistica, stupito del costo della protesi che stavano impiantando alla figlia, pone al chirurgo Jan Gabriëls la domanda che avrebbe cambiato la vita di queste due famiglie. Il signor Verberne chiese: “Ma questa protesi è fatta di materiali rari e preziosi, poi, che fine fa, viene buttata via?”. Il “poi” a cui si riferiva era proprio la morte della figlia, che oggi è ancora viva e vegeta, e lavora nell’azienda che nacque qualche mese dopo l’incidente: la Orthometals. Un’impresa familiare che si occupa di riciclare i metalli che vengono dalla cremazione dei cadaveri umani. Metalli nobili che sono esattamente come quelli che andiamo a estrarre nelle miniere del Congo e di altri paesi africani.
Dal 1997, con una precisione teutonica, questa impresa familiare organizza viaggi diretti in Europa, trasporti in nave dall’Australia, dal Canada, dalla Groenlandia e dagli Stati uniti per recuperare i metalli rari e preziosi che restano dopo la cremazione. Con tecnologie sofisticatissime, come tavoli vibranti e magneti, partono dai pezzi più grandi per arrivare ai più piccoli, e li separano per tipologia. Infine li fondono e li vendono. Così protesi dentarie, dell’anca, della spalla e del ginocchio, viti, ferri e placche, occhiali e Pacemaker, vengono riciclati in tutto il mondo. Potremmo immaginarli come rigattieri della cremazione, che raccolgono in giro oggetti che verrebbero buttati dando loro una seconda vita.