“Se vedi un serpente ammazzalo. Non organizzare un comitato per ammazzare il serpente”: spiccio, irascibile, irrimediabilmente texano. Ross Perot, il terzo incomodo più celebre della storia d’America, il due volte candidato indipendente alla presidenza degli Stati Uniti capace col suo messaggio populista ante-litteram di erodere consensi a destra come a sinistra, è morto ieri nella sua casa di Dallas a 89 anni, ucciso da una leucemia.
“La maggior parte della gente si arrende proprio quando è a un passo dal successo”, amava ripetere. E lui d’altronde, con quella biografia straordinaria che da Texarkana, Texas, dov’era nato nel 1930 era arrivato quasi alla Casa Bianca, incarnava davvero la figura dell’americano che s’era fatto da sé. Sempre fuori dagli schemi.
Ex boy scout, ex ufficiale di marina, i suoi primi passi come eccezionale venditore all’Ibm dove appena assunto smerciò in tre settimane quello che si supponeva dovesse liquidare in un anno, fece fortuna proprio con le sue imprese di elaborazione dati. Quell’Electronic Data System, che poi vendette per 2,5 miliardi di dollari a General Motors diventandone il maggior azionista. E la Perot System, poi venduta a Dell per 5 miliardi di dollari.