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Aretha Franklin e la bara d’oro: sogni, eccessi, fragilità della Regina del soul.

Una che per tutta la vita si è fatta lentamente scivolare stole e pellicce sulle braccia mentre cantava, come poteva essere sepolta se non in una bara d’oro da 24 carati costata 30 mila dollari, avvolta in nuvola di chiffon e pizzo rosso acceso, con Louboutin scarlatte tacco quindici calzate sulle gambe incrociate?
Mentre attorniata da un bosco di alberelli di rose lilla e rosa, accoglieva ormai silente il corteo di più di 100 Cadillac rosa arrivate a Detroit a renderle omaggio in memoria del singolo Freeway of Love del 1985. Come una Regina splendente, ha giustamente scritto il giornale di Detroit la città dove Aretha Franklin bambina già cantava mentre il padre reverendo Clarence sermonava, e dove si sono svolti i suoi sontuosi funerali.
L’ansia, l’alcol e lo shopping compulsivo.
La diva della voce e del soul era affamata di amore e di successo sin da piccola e per reagire alle sue fragilità e alle paure di essere inadeguata comprava compulsivamente tutto quel che poteva comprare, consumava oggetti, cibo e successo, forse per farsi perdonare quel dono che aveva scoperto di avere sin da piccolissima. «Non saprei come altro chiamarla se non una profonda insicurezza, aveva paura di non essere abbastanza brava come cantante, bella come donna, all’altezza come madre.
Così cercava di scacciare l’ansia con il bere oppure, quando anche quello non funzionava più, sparire per attimo, ritrovare il suo portamento e tornare sul palco con la corona della diva distaccata in testa» ha detto la sorella Carolyn al biografo di Aretha David Ritz.

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