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Biella. La toccante lettera di un familiare.

Un giorno ti svegli e scopri l’orrore. Gli occhi si spalancano leggendo i giornali. Ogni parola lacera quel mantello di forza che il tempo ti ha concesso per guardare quel dolore che ti toglie il respiro. Dopo ogni frase rivedi il suo volto, dopo ogni raccapricciante particolare scorgi il suo sorriso e ricordi l’ultima volta che la vita era ancora in lei. Ti assale uno sconforto alienante, tutto diventa senza forma, senza colore. Rivivi tutti quei momenti che la tua mente, con grande fatica, ha tentato di dimenticare. In un attimo ti ritrovi catapultato in quel nefasto giorno del dolore. Rivivi l’istante in cui la persona amata è nella bara, rivedi le sue mani giunte, l’immobilità delle sue membra, avverti il gelo che avviluppava il suo corpo. La veglia alle spoglie di chi già ti manca, di chi ami. Quelle lacrime che, rigato il tuo volto, cadevano copiose sul suo corpo e che probabilmente erano ancora lì quando è stato preso, violato, ristretto, accartocciato per ridurne il volume. Immagini quella mani giunte che si aprono lasciando cadere il rosario che volevi l’accompagnasse nel suo viaggio.
Una lugubre catena di montaggio della morte a scopo di lucro”. Queste le parole scolpite nella mente di chi ha lasciato il corpo del suo amato nelle mani di chi ora è indagato, di chi ora cerca di difendersi nonostante le immagini delle videocamere degli inquirenti, nonostante l’atrocità di cui le mura del crematorio sono state testimoni e che non possono raccontare. Non puoi fare a meno di leggere sull’ingresso di quella camera delle nefandezze non più “Tempio Crematorio di Biella”, ma “Arbeit Macht Frei”, il lavoro rende liberi, quella menzogna che le vittime dell’olocausto leggevano varcando la soglia dell’inferno di Auschwitz. Due scritte cariche di immensa crudeltà, due scritte per coprire la “banalità del male” della razza umana. L’essenza di chi ami e ti ha preceduto nel viaggio verso l’infinito non potrà mai essere violata o incenerita, vivrà con te sempre. Il dovere di chi è in vita è non permettere che il nulla eterno foscoliano prenda il sopravvento. La vera morte è il non ricordo come recitava il poeta. Avrai giustizia mio Angelo, avrai un simulacro dove chi ti ama potrà onorarti: qualunque nefandezza terrena, oramai, non potrà nulla di fronte alla luce intensa della tua energia.

Un fratello, Oscar Arturo Miglio

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