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É morto Nanni Svampa, cantore della milanesità: unì testi popolari e impegno.

Nanni è Milano che canta. Non solo a teatro e negli album ma nei dodici volumi dedicati alla canzone milanese e lombarda, di città e di contado. Nella vita di ogni giorno. Nato nel 1938 a Porta Venezia, Svampa cresce nel quartiere dei palazzi signorili e delle case di ringhiera, delle botteghe e degli empori che si ispiravano, in piccolo, alle gallerie parigine e alle vetrine della Rinascente. Artigiani, trattorie, il tram a cavalli per Monza che diventa elettrificato, i cafè con dehors alla parigina e le orchestre da ballo anche in matinée (canti e chitarre da osteria). Con il miraggio paterno del posto in banca, si laurea in Bocconi ma fonda gruppi goliardici e poi i Gufi con Magni, Brivio e Patruno (1964). Conoscono il teatro leggero, i francesi e il jazz, scrivono canzoni di satira politica e sociale («Si può morire»), cantano due secoli di Resistenza, convivono con il teatro canzone di Strehler e Fo, fondano il cabaret milanese, anticipano di poco la generazione di Jannacci e Gaber (Paoli e De Andrè), Cochi e Renato. Ma soprattutto portano la scena milanese in tv. E i loro album spiegano tutto: Il teatrino dei Gufi, Il cabaret dei Gufi, Il teatrino dei Gufi in tv.

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