Il 1 novembre è morto Massimo Mongai, autore di fantascienza che meritava molta più fama di quanta ne ha raccolta in vita. Questo è un modo pessimo di cominciare un necrologio, ma le cose stanno così. Mongai, romano, classe 1950, è stato un autore originale, che ha compiuto un piccolo grande miracolo, quello di costruire una fantascienza che in parte si rifaceva ai grandi maestri americani degli anni Settanta come Philip José Farmer, ma pulsava soprattutto di umori e problematiche personali. Tanto per dire, Mongai, tra i vari lavori svolti prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno, era stato cuoco su una nave: ebbene tale esperienza gli fu d’aiuto nella stesura del suo primo romanzo, quello che gli valse la fama e, nel 1997, il Premio Urania, “Memorie di un cuoco d’astronave”. È la storia di un cuoco, Rudy Basilico, che sale a bordo di un’astronave e, attraverso la cucina e le abitudini alimentari delle varie specie, impara le diverse culture che popolano la galassia. Tra un capitolo e l’altro ci sono ricette di improbabili (ma fino a un certo punto) piatti del futuro. Il romanzo è narrato in prima persona con uno stile arguto e umoristico che , a tratti, aveva ricordato lo Stanislaw Lem di “Memorie di un viaggiatore spaziale” più che Douglas Adams, autore al quale Mongai veniva spesso, ed erroneamente, paragonato. “Memorie di un cuoco” era – ed è – un bel romanzo sulla diversità e l’amore per la cucina e, ad oggi, rimane uno dei più riusciti e originali del panorama scifi italiano.
fonte: www.wired.it