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“Manolo è morto nel 2014”, ma la procura di Brescia vuole il dna.

Oltre ogni ragionevole dubbio. Stavolta non per assolvere o condannare. Ma per stabilire se – dopo 26 anni – l’imputato di un massacro sia davvero passato a miglior vita. Più che un’udienza, una presa di coscienza al fine di “non arrendersi“, per usare le parole della procura e del giudice, a cui si associa anche la difesa.

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