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Quelle icone della tragedia che marchiano la coscienza.

Era il 1992, in una società ben più pacificata della nostra, quando il fotografo americano Andres Serrano fece molto discutere con la mostra “The Morgue” alla galleria Paula Cooper di New York; in una ventina di scatti espose la morte violenta in ogni sua forma, immortalando i cadaveri all’interno di un obitorio. All’epoca questo genere di rappresentazione risultava ancora un tabù, secondo il ben noto concetto espresso da Georges Bataille nel saggio sull’erotismo: la morte in quanto oscenità doveva rimanere dietro le quinte come nel teatro classico. Persino la Guerra del Golfo aveva ridotto al minimo ogni violenza reale, riflettendo la coeva estetica dei videogames.

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