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Margherita Hack e tutti quelli che ogni anno ri-muoiono su Facebook.

Già c’è la questione del diritto all’oblio, che non è una matassa semplice da dipanare rapportata al web: citando la giurisprudenza recente, si sancisce il diritto ad essere dimenticati quali protagonisti di vicende personali diffuse su internet che non siano più di pubblico interesse. Però qui si va oltre: oltre la vita, diciamo, sconfinando nella sindrome di Lazzaro. Ad esempio, l’altro giorno è morta Margherita Hack. A me personalmente la Hack manca, per un sacco di motivi, e dal punto di vista divulgativo la disinvolta ganzitudine di Alberto Angela riesce solo in parte a colmare il vuoto. Su Facebook, qualche settimana fa, mi sono ritrovata un sobrio addio all’astronoma, seguito poi da un temibile effetto domino di post con dichiarazioni e frasi della deceduta, scie di stelle e mappe stellari, condoglianze e commenti affranti. Mi vedevo già intenta a fare la valigia, destinazione una struttura a caso che potesse prendersi cura di me e del buco nero (per stare in tema) della mia memoria quando qualcuno, timidamente, ha risposto ad un post funerario: “Ma non è morta 3 anni fa?“.

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