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25 aprile. Un giorno di festa e insieme di lutto.

Il primo compito di un pensiero critico dovrebbe consistere nella restituzione alla libera discussione razionale di ciò che abitualmente le è sottratto per le ragioni più disparate: le quali spaziano dal dogmatismo alla pressione del pensiero unico politicamente corretto. Come disse Hegel, la filosofia ha anche il dovere di rendere conosciuto ciò che è soltanto noto.
Ed ecco allora che possiamo provare, sia pure per cenni e impressionisticamente, a operare in questa direzione con il 25 aprile. Si tratta di una data che viene assunta indiscutibilmente come dì di festa, da magnificare senza se e senza ma. Eppure credo occorra riflettere seriamente, senza pregiudizi e ideologie, su tale data. A una più attenta analisi, non viziata dal dogmatismo cerimoniale, il 25 aprile dovrebbe essere un giorno di festa e, insieme, di lutto: di festa, giacché coincide con la benemerita sconfitta del nazifascismo in Italia, con tutti gli orrori a cui esso si era accompagnato; di lutto, in quanto alla liberazione seguì senza soluzione di continuità una nuova occupazione.

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