14 aprile 1930. Muore Vladimir Majakovskij, poeta rivoluzionario.

14 Aprile 2025 - 00:20--Anniversari-
Majakovskij

Vladimir Vladimirovič Majakovskij nasce il 7 luglio 1893 a Bagdati, in Georgia, allora parte dell’Impero Russo.
Cresce in una famiglia di origini nobili e multiculturali, ma resta orfano del padre a soli sette anni.
Con la madre e le sorelle si trasferisce a Mosca, dove inizia una giovinezza inquieta e segnata dal desiderio di ribellione.
Nel 1908 aderisce al Partito Operaio Socialdemocratico Russo e viene arrestato tre volte per attività sovversiva.
Durante uno di questi arresti inizia a scrivere poesie, anche se i suoi primi scritti vanno perduti.

L’arte e il futurismo

Nel 1911, Majakovskij si iscrive all’Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca.
Durante questo periodo incontra David Burljuk, che ne riconosce il talento e lo spinge a esplorare la scrittura poetica.
Attraverso Burljuk, entra nel mondo del futurismo russo e abbraccia la sua carica innovativa.
Nel 1912 partecipa alla redazione del manifesto “Schiaffo al gusto del pubblico”, rompendo con la poesia tradizionale.
L’anno successivo pubblica “Io!”, la sua prima raccolta, e porta in scena l’omonima opera teatrale a Pietroburgo.
Majakovskij si distingue per uno stile visivo e dirompente, capace di tradurre la tensione rivoluzionaria in parole.

Majakovskij, il poeta della rivoluzione

All’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, mette la propria voce al servizio della causa bolscevica.
Attraverso i suoi versi trasmette ideali di giustizia sociale, uguaglianza e rottura col passato.
Nel 1915 esce “La nuvola in calzoni”, seguito nel 1916 da “Il flauto di vertebre”, opere chiave della poesia d’avanguardia.
Parallelamente collabora con l’agenzia ROSTA, realizzando manifesti e componimenti di forte impatto visivo.
Nel 1922 fonda il LEF, Fronte di Sinistra delle Arti, con l’obiettivo di avvicinare l’arte alla vita quotidiana delle masse.

Viaggi, teatro e contraddizioni

Nel 1925 Majakovskij intraprende un viaggio negli Stati Uniti, da cui nasce il diario poetico “La mia scoperta dell’America”.
Le sue impressioni sono ambivalenti: ammira il progresso tecnico ma condanna le ingiustizie sociali.
Sperimenta anche con il teatro, scrivendo drammi come “Mistero buffo”, “La cimice” e “Il bagno”, opere satiriche e profondamente politiche.
Nel poema “150.000.000” esalta la lotta proletaria, trasformando le masse in protagoniste epiche della storia.

Il pensiero e la poetica

Majakovskij crede nella poesia come atto utile e necessario, strumento per cambiare il mondo.
Nel saggio “Come far versi” del 1926 espone la sua visione della scrittura come costruzione collettiva e finalizzata.
Rifiuta ogni forma di arte elitista, opponendosi alla letteratura “da salotto” e al “vecchiume” borghese.
Vuole che ogni parola sia un’esplosione, un urlo, un gesto politico.

Le difficoltà e le disillusioni

Nonostante il suo impegno, Majakovskij si scontra con la burocrazia e la critica ufficiale sovietica.
I suoi ideali trovano sempre meno spazio in un sistema sempre più rigido e autoritario.
Anche sul piano personale vive momenti di grande tormento, segnati dalla relazione con Lilja Brik e dal difficile amore per Veronica Polonskaja.

La morte e i funerali

Vladimir Majakovskij si toglie la vita con un colpo di pistola al cuore, il 14 aprile 1930, a soli 36 anni,
Nella sua lettera d’addio chiede di non essere giudicato e di proteggere le persone amate.
È sepolto nel cimitero di Novodevičij a Mosca.

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Cresce in una famiglia di origini nobili e multiculturali, ma resta orfano del padre a soli sette anni.
Con la madre e le sorelle si trasferisce a Mosca, dove inizia una giovinezza inquieta e segnata dal desiderio di ribellione.
Nel 1908 aderisce al Partito Operaio Socialdemocratico Russo e viene arrestato tre volte per attività sovversiva.
Durante uno di questi arresti inizia a scrivere poesie, anche se i suoi primi scritti vanno perduti.

L’arte e il futurismo

Nel 1911, Majakovskij si iscrive all’Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca.
Durante questo periodo incontra David Burljuk, che ne riconosce il talento e lo spinge a esplorare la scrittura poetica.
Attraverso Burljuk, entra nel mondo del futurismo russo e abbraccia la sua carica innovativa.
Nel 1912 partecipa alla redazione del manifesto “Schiaffo al gusto del pubblico”, rompendo con la poesia tradizionale.
L’anno successivo pubblica “Io!”, la sua prima raccolta, e porta in scena l’omonima opera teatrale a Pietroburgo.
Majakovskij si distingue per uno stile visivo e dirompente, capace di tradurre la tensione rivoluzionaria in parole.

Majakovskij, il poeta della rivoluzione

All’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, mette la propria voce al servizio della causa bolscevica.
Attraverso i suoi versi trasmette ideali di giustizia sociale, uguaglianza e rottura col passato.
Nel 1915 esce “La nuvola in calzoni”, seguito nel 1916 da “Il flauto di vertebre”, opere chiave della poesia d’avanguardia.
Parallelamente collabora con l’agenzia ROSTA, realizzando manifesti e componimenti di forte impatto visivo.
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Le sue impressioni sono ambivalenti: ammira il progresso tecnico ma condanna le ingiustizie sociali.
Sperimenta anche con il teatro, scrivendo drammi come “Mistero buffo”, “La cimice” e “Il bagno”, opere satiriche e profondamente politiche.
Nel poema “150.000.000” esalta la lotta proletaria, trasformando le masse in protagoniste epiche della storia.

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Majakovskij crede nella poesia come atto utile e necessario, strumento per cambiare il mondo.
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Rifiuta ogni forma di arte elitista, opponendosi alla letteratura “da salotto” e al “vecchiume” borghese.
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