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“Vicina al suicidio, ma me la sono cavata meglio di quei bulli”.

Attraversa culture e classi sociali – perfino il principe Harry ne è stato vittima – e rende la vita degli adolescenti talmente difficile da spingerli talvolta al suicidio. È il bullismo. Secondo i dati di Telefono Azzurro, le vittime sono passate dall’8,4% nel 2012 al 16,5% del 2014. Mentre i ricercatori dell’Istituto degli Innocenti, sotto la supervisione Unicef, hanno appena pubblicato un rapporto da cui emerge che in Italia 1 ragazzo su 5 viene bullizzato. Nella maggior parte dei casi, tutto si consuma in silenzio, perché la vergogna di essere umiliati induce a chiudersi in se stessi. Qualcuno però comincia a parlare. Lo fanno film come “Un bacio” di Ivan Cotroneo o programmi come “#maipiùbullismo” (in onda il mercoledì su Raidue) di Pablo Trincia. Lo fa, in Francia, un libro che in poche settimane è diventato un caso editoriale. Lo ha scritto una ragazza che ha appena compiuto 15 anni, e che oggi è diventata la portabandiera della rivolta di tutti i coetanei bullizzati. Con la sua esperienza ha dimostrato che uscirne si può, anche nei casi più disperati, come il suo.

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