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Roma è un cadavere in putrefazione: amala oppure vattene.

Auto parcheggiate male, in seconda, terza, quarta fila. Chissà a che fila potremmo arrivare: guida alla comprensione pratica della geometria non euclidea. Volanti impazziti, sinfonia di clacson e insulti, traffico. Tutto bloccato. Magari, però, nell’attesa, hai il tempo di ascoltare l’ultimo di Fibra o l’oroscopo di Fox. Tram che non arrivano mai e allora la gente si mette a chiacchierare, socializza o sbraita, legge, guarda pensosa l’orizzonte. Lavori della metro che non finiscono, ma potrebbero trovare la nuova Atlantide qui sotto. Scritte sui vagoni e muri imbrattati? Non sia mai. Blu a Ostiense va bene, però quella è street art. Turisti che balneano nelle fontane romane? Non sia mai. Anita Ekberg andava bene, però non aveva la panza e non portava una canottiera bianca. Eppoi era Fellini. E quando si nomina Fellini a Roma cala il silenzio. In qualsiasi discussione. “Ti sei messa troppo trucco sugli occhi”. “Tutte le donne di Fellini erano truccate così”. Un minuto di silenzio.

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